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- Categoria: Cultura Arte Beni Culturali
Un «pregevole» San Cristoforo di Pietro Novelli nel museo civico di Catania
All’interno del museo civico di Castello Ursino, tra straordinari manufatti di vario genere, si trova una delle opere più belle del Seicento siciliano: il San Cristoforo di Pietro Novelli, opera di dimensioni imponenti, con i suoi due metri e mezzo di altezza. La figura colossale del santo dà quasi l’impressione che stia uscendo dalla tela, pronta ad invadere lo spazio dello spettatore.
Il dipinto, proveniente dalla collezione di pitture del giureconsulto di origini catanesi Giovan Battista Finocchiaro, fu ceduto nel 1826 al comune di Catania. Nel 1934, in occasione dell’inaugurazione del museo di Castello Ursino alla presenza del re Vittorio Emanuele III, il San Cristoforo di Novelli sarà definito da Libertini, ordinatore della collezione civica, come «il più pregevole dipinto di tutta la sala».
L’opera, che cronologicamente non dovrebbe scostarsi di molto dalla metà degli anni Trenta del Seicento, era già ricordata nell’Ottocento dal palermitano Agostino Gallo, che ne elogiava l’elevata qualità artistica, annoverando il monrealese Pietro Novelli tra i pittori «naturalisti», ovvero coloro che «hanno la natura imitato», definendolo uno dei più grandi artisti del Seicento siciliano ed italiano, nonostante, già all’epoca, fosse poco conosciuto al di fuori dei confini regionali.
La figura del San Cristoforo è presente in molte opere a partire dal Medioevo. Al santo i fedeli rivolgevano le loro preghiere per la liberazione dalla peste. Inoltre era spesso venerato ed invocato in quanto protettore dei pellegrini e viaggiatori. Infatti l’iconografia tipica di Cristoforo nella tradizione occidentale si riallaccia al suo nome, dal greco “colui che porta Cristo”, e affonda le proprie radici nella Legenda aurea, la raccolta agiografica più importante del Medioevo, scritta dal frate e vescovo Jacopo da Varagine, in cui è descritta l’iconografia di san Cristoforo: il futuro santo aiuta a traghettare un bambino, Gesù Cristo, da una parte all’altra del fiume.
La tela ruota attorno alla maestosa e imponente figura colta nell’atto di attraversare il corso d’acqua, con il volto barbato che si volta verso Cristo bambino che sorregge un globo, simbolo della cristianità.
La presenza di un fondo scuro ha fatto accostare l’opera di Novelli alla maniera di Caravaggio, soprattutto per i forti contrasti tra luce e ombra tipici del maestro lombardo. Oggi, invece, l’attività del pittore siciliano è letta alla luce delle influenze di due dei più importanti pittori della prima metà del Seicento europeo: da una parte Jusepe de Ribera, spagnolo ma per decenni residente a Napoli, ultimo baluardo della maniera caravaggesca nell’Italia meridionale e, dall’altra, Antoon Van Dyck, artista proveniente dalla Fiandre, dove era stato allievo di Rubens, che aveva soggiornato a Palermo tra il 1624 e il 1625. Dalla maniera dell’artista fiammingo sembra dipendere la figura di Gesù Bambino della tela catanese, definita «viva e potente nel suo piglio quasi selvaggio».
Oggi a Castello Ursino è possibile ammirare la straordinaria grandezza di un pittore, oggi ancora pressoché sconosciuto al grande pubblico, e di uno dei suoi più bei dipinti, da sempre considerato un fiore all’occhiello all’interno della collezione civica etnea.
Salvo Pistone Nascone