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Il delitto di truffa si distingue:
- dal reato di furto, poiché la truffa consiste nel procurarsi un profitto attraverso il consenso del titolare viziato dall'inganno, mentre il furto consiste nell’impossessamento contro la volontà del proprietario;
- dal reato di furto aggravato per l’uso del mezzo fraudolento, perché in questo gli artifici ed i raggiri, posti in essere dal soggetto agente al fine di aggirare la volontà della vittima, costituiscono il mezzo per sottrargli il bene posseduto;
- dal reato di appropriazione indebita, perché nella truffa è presente un inganno per ottenere la consegna della cosa, diversamente nel reato di appropriazione indebita si fa propria illegittimamente la cosa della quale si ha il possesso senza alcun inganno del proprietario;
- dal reato di falso, perché, nonostante ci sia un’alterazione del vero, nella truffa non è presente una falsificazione documentale o strumentale;
Un ulteriore argomento di discrimine è rappresentato dal rapporto tra soggetto attivo e soggetto passivo.
Se nel furto, nella rapina e nell'appropriazione indebita, la condotta proviene integralmente dal soggetto attivo del reato, attraverso l'autonoma realizzazione dell'offesa alla vittima, diversamente, nel reato di truffa, così come nell'estorsione, si instaura un rapporto d'interazione tra il reo e la persona offesa.
La persona offesa, nel reato di truffa, diversamente dai reati prima citati, non si limita passivamente a subire l'offesa, ma anzi collabora col reo, costituendo col proprio consenso, atti di disposizione patrimoniale in danno a se stessa.
Inoltre, la truffa si differenzia dal reato di estorsione poiché, in quest’ultimo reato, il pericolo che si rappresenta è reale e non immaginato e dalla frode informatica, poiché in questo caso l’attività fraudolenta riguarda un sistema informatico e non una persona che venga indotta in errore.
Carmela Mazza
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Il secondo comma (n. 1, n. 2 e n. 2 bis) disciplina varie ipotesi di circostanze aggravanti specifiche, giustificate dalla particolare qualifica del soggetto passivo o dalle particolari modalità delle condotta. In presenza di queste circostanze si avrà un aumento di pena e la procedibilità d’ufficio.
La pena per il reato di truffa semplice (comma 1) è quella della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032, per il reato di truffa aggravata è quella della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549.
Le circostanze aggravanti speciali (comma 2, n. 1, n. 2 e n. 2 bis) del reato di truffa si configurano:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell’Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal sevizio militare.
Va detto che la previsione di cui all’art. 640, comma 2, n. 1, nella sua prima parte riveste oggi un ruolo di minor rilievo applicativo a seguito della nuova fattispecie delittuosa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche disciplinata dall’art. 640 bis c.p.
Il tipico esempio di truffa aggravata ai danni dello Stato è il c.d. assenteismo sul luogo di lavoro nel caso in cui il dipendente pubblico timbra il cartellino, facendo credere di essere a lavoro, mentre o è assente o si sta dedicando ad altro.
La previsione di cui all’art. 640, comma 2, n. 1, nella sua seconda parte (col pretesto di far esonerare taluno dal sevizio militare) invece, raffigura la truffa in atti illeciti il cui disvalore è punito con un aggravamento di pena dovuto alla volontà dell’ordinamento di tutelare in modo rafforzato sia il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, sia l’immagine della stessa contro il discredito che le deriverebbe dalla sua astratta corruttibilità.
2) Se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità.
L’aggravante di cui all’art. 640, comma 2, n. 2, prima parte, viene definita “truffa vessatoria” e ruota intorno al concetto di pericolo immaginario o inesistente, anche con riferimento a forze sovrannaturali ed occulte o a credenze superstiziose.
L’esempio tipico è quello dei sedicenti maghi che prospettano dei mali incurabili evitabili solamente con il ricorso alle costosissime pratiche magiche; o stessa cosa per le pratiche amorose o per il c.d. malocchio.
Mentre l’aggravante di cui all’art. 640, comma 2, n. 2, seconda parte (dovere eseguire un ordine dell'Autorità) consiste in un particolare tipo di raggiro volto a creare nella vittima l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità e, pertanto, a privarsi del proprio patrimonio.
2 bis) Se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61 n. 5 c.p. ossia la minorata difesa (l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo, di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa).
Trattasi di aggravante ad effetto speciale, la cui ratio viene ravvisata nel tutelare maggiormente i soggetti più fragili e/o vulnerabili, quali ad es. gli anziani.
Carmela Mazza
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La truffa è un reato istantaneo con effetti permanenti dal momento che si perfezionerà nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo (il danno altrui).
Il momento consumativo del delitto di truffa, quindi, si verifica con l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto dipendente dagli artifizi o raggiri, dove per ingiusto profitto si intende l'ingiusto vantaggio o utilità conseguito dal reo attraverso la sua condotta.
Tuttavia, il danno, in forza del principio di offensività, andrà verificato concretamente di volta in volta per ogni fatto-reato. Pertanto, non sussisterà un delitto contro il patrimonio qualora manchi il danno patrimoniale o comunque non venga dimostrata la diminuzione effettiva della strumentalità patrimoniale (es. il mancato godimento della cosa).
La manifestazione di volontà, viziata dall'errore, deve essere preceduta dall'induzione, e dovrà essere antecedente al conseguimento del profitto.
Ne consegue che se il consenso della vittima non è preceduto dall'induzione in errore, che lo vizia, dando causa anche al profitto del reo, è da escludere la sussistenza del delitto di truffa.
Sarà, comunque, possibile la configurazione del tentativo (56 c.p.) qualora siano posti in essere artifizi e raggiri idonei e non equivoci ai quali non sia seguito l'ingiusto profitto, per una causa non dipendente dalla volontà dell'agente.
Riguardo al soggetto passivo del reato di truffa, nella giurisprudenza prevalente si è affermato il principio di diritto secondo il quale può non sussistere una necessaria identità fra la il soggetto indotto in errore e la persona offesa (e cioè titolare del bene patrimoniale leso), ben potendo la condotta criminosa essere indirizzata anche ad un soggetto diverso dal titolare del bene, sempre che vi sia un rapporto eziologico tra l'induzione materiale in errore e l’ingiusto profitto mediante altrui danno.
Per quanto concerne l'elemento soggettivo, la truffa è punibile a titolo di dolo generico, con conseguente irrilevanza degli scopi perseguiti.
Il dolo sarà escluso quando il soggetto attivo avrà agito per imprudenza o non sapendo di porre in essere un inganno o non avendo alcuna intenzione di indurre in errore o, ancora, non abbia alcun fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. Il dolo sarà comunque escluso qualora l’agente voglia conseguire un profitto che ritenga giusto, perché fondato su una pretesa lecita.
Carmela Mazza
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Come abbiamo già detto, la truffa, come disciplinata dall’art. 640 c.p., è l'induzione di un soggetto in errore, mediante l'utilizzo di artifizi o raggiri, col fine specifico di ricavare un ingiusto profitto procurando un danno altrui.
Si tratta di una fattispecie plurioffensiva in quanto idonea a ledere sia beni di carattere privatistico, sia beni di carattere plubbicistico, come emerge dal 3° comma dell’art. 640 c.p., che prevede la perseguibilità del reato a querela della persona offesa, a meno che non ricorrano le circostanze aggravanti previste dalla legge, in presenza delle quali la perseguibilità diventa d’ufficio.
Infatti la punibilità non deriva solamente dalla lesione alla sfera patrimoniale del singolo, ma anche dell'interesse pubblicistico a che non sia leso il dovere di lealtà e correttezza e la libertà di scelta dei contraenti. Tuttavia, non bastando la mera violazione di un tale dovere, per la consumazione del reato è richiesta anche una effettiva lesione del patrimonio altrui, conseguendo un ingiusto profitto.
La truffa è un reato comune a forma vincolata poiché può essere commesso da chiunque, ma che si realizza solo quando sono posti in essere gli artifici ed i raggiri che, inducendo la vittima in errore, la determinano a compiere un atto di disposizione patrimoniale in favore del colpevole.
Per artifizio si intende qualsivoglia simulazione o dissimulazione della realtà che crei una falsa apparenza volta ad alterare la conoscenza del soggetto passivo del reato, col fine precipuo di indurlo in errore. (Es. tacere su qualità o difetti di un bene, fingersi esercente di una professione ecc.).
Per raggiro deve, invece, intendersi ogni macchinazione atta a far scambiare il falso con il vero, creando nel soggetto passivo del reato erronei motivi che ne determinano volontà e condotta. (Es. l'invenzione di timori insussistenti o risoluzioni fittizie imminenti ecc.).
Tuttavia, va precisato che per la realizzazione della fattispecie di truffa, la condotta del reo dovrà indurre in errore, non bastando che sia astrattamente idonea a farlo e, pertanto, l’errore del soggetto passivo dovrà essere la diretta conseguenza degli artifizi e raggiri.
L’idoneità degli artifizi e raggiri andrà stabilita in relazione alla situazione di fatto realizzata, e perciò, attraverso le qualità e le condizioni della vittima o anche ai suoi rapporti col soggetto attivo.
Anche il silenzio maliziosamente serbato da parte di chi abbia il dovere di informare l'altro contraente su determinate caratteristiche dell'affare può integrare il reato di truffa.
Inoltre, la condotta nel delitto di truffa può consistere sia in azioni che in omissioni, sia in atti materiali che in atti psicologici, purché siano diretti ad indurre in errore, ossia ad una falsa rappresentazione della realtà che influenza il percorso formativo della volontà del soggetto che si determina a porre in essere il contratto.
Carmela Mazza
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La truffa è una delle forme più tipiche ed originarie di aggressione dei beni altrui.
La criminalità fraudolenta, avendo ad oggetto i c.d. beni mezzo o secondari quali, il patrimonio e l’economia, indigna mentre la violenza allarma.
Per quanto riguarda le truffe finanziarie va detto che alla base di molte di esse vi è il c.d. “Schema Ponzi”, una sorta di catena di S. Antonio che assicura grossi vantaggi economici ad investitori che sperano di realizzare lauti guadagni, i quali si ritrovano ad avere a che fare con un presunto esperto finanziario che promette elevati guadagni a fronte di pochissimi rischi.
Inizialmente le vittime vengono scelte tra le conoscenze del truffatore, il quale seleziona coloro che hanno poca esperienza nel campo finanziario, ma che posseggono beni degni di nota.
Secondo lo schema della truffa finanziaria e del sistema superiormente descritto, al potenziale cliente viene proposto un investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato. Chi sottoscrive un contratto riceve effettivamente gli interessi promessi. Una volta ottenuta l’adesione di un determinato numero di persone, si sparge la voce che il sistema è redditizio e vengono in tal modo attirati nuovi investitori che consentono di pagare in tal modo gli interessi promessi. La società finanziaria, infatti, ha capitale pari a zero, ma i risparmiatori sono indotti a credere che gli interessi provengono da sofisticati investimenti.
Tale schema riesce ad autoalimentarsi ed a funzionare fino a quando le richieste di rimborso non superano i nuovi versamenti. Quando ciò accade, il sistema crolla e gli investitori non riescono più a recuperare il proprio capitale.
Collegata alle frodi ed alle truffe è anche la criminalità dei c.d. “colletti bianchi”, soggetti cioè che appartengono a classi medio-alte, professionisti rispettabili tenuti socialmente in considerazione, i quali commettono reati nell’ambito delle attività che svolgono, abusando della fiducia di cui godono proprio in considerazione della loro posizione, al fine di perseguire vantaggi indebiti.
All’interno di questa tipologia di reati rientrano non solo i crimini dello stato, ma anche i delitti contro il patrimonio, come la truffa, i reati finanziari e societari, nonché i reati commessi dalla criminalità organizzata che si va sempre più infiltrando nel mondo degli affari.
Carmela Mazza
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