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- Categoria: Cultura Arte Beni Culturali
Beni Culturali - La Granfonte di Leonforte
"Tra gli assolati campi, il mormorio della preziosa acqua".
Una litografia in bianco e nero, dimenticata su una parete di altri tempi. Dentro una cornice sbilenca, anonima. Ma l'immagine, quella, potente e liquida: 24 cascatelle in posa, non mattoni e pietre, ma una macchina idraulica viva, vibrante.
La didascalia completava l'umile stampa, regalandole il sonoro.
La Granfonte è stata anche questo: armonia di forme e note impressa in mille cartoline incorniciate.
Il 1600 per la Sicilia è un secolo difficile, di crisi e carestie ed eventi catastrofici, nevicate eccezionali, pestilenze, terremoti ed eruzioni. In mezzo, la vita: il quotidiano di donne e uomini che non hanno fatto storia ma che hanno contribuito a spingerla in avanti, la Storia. Una moltitudine di bambini nati, una moltitudine di bambini morti entro i due anni di vita.
Ma è anche un secolo di arte trionfante, le opulenze barocche soppiantano in breve tempo la grazia rinascimentale e gli equilibri manieristi, ed epoca di nuove fondazioni, città e borghi creati ex novo su antichi feudi per volontà di principi e baroni.
E' nel 1613 che Nicolò Placido Branciforti ottiene dal Re di Sicilia Filippo II la licentia populandi, e fonda la città di Leonforte dentro i propri possedimenti ripopolando terre già abitate intorno al castello di Tavi, nel cuore agricolo della Sicilia.
La scelta del sito è guidata dall'esistenza di una copiosa sorgente ai piedi dell'antico fortilizio arabo-normanno ormai abbandonato.
L'acqua: è l'elemento che più ha condizionato la vita, la nascita stessa delle comunità (e con esse le civiltà, le leggi per regolare la convivenza, le produzioni e i commerci, lo svolgersi dei nastri viari).
Preziosa come e più del fuoco, fin dall'antichità l'uomo ha studiato come domarla e piegarla alle proprie esigenze. Grandi maestri i Romani, gli Arabi ne faranno uno dei caposaldi della propria cultura, vera e propria civiltà idraulica che in Sicilia lascia tracce lungo i secoli: dalle gebbie ai kanat, dalle saie lungo i giardini d'agrumi ai mulini ad acqua, dalle gurne in cui macera la canapa alle vasche per lavorare i lupini.
Il barone Branciforti, divenuto principe di Leonforte per privilegio reale, non vuole un semplice abbeveratoio: per la sua città immagina e commissiona un monumento d'acqua, affacciato su un orizzonte fertile, e visibile dal declivio del nuovo abitato. In mezzo, il possente palazzo baronale, in un gioco di sguardi tra primi attori.
Il trionfo del potere mecenate, dono vanitoso ai leonfortesi da poco insediatisi.
Un prospetto sinuoso, come onde barocche, alto quasi 9 metri; 22 finestre affacciate sui colli morbidi, fecondi; incasellati nelle pietre, 24 cannoli di bronzo riforniscono una vasca di oltre 24 metri.
E' da qui che si snoda il sistema idrico che alimentava l'antico giardino barocco, le fontane ad altorilievo i giochi d'acqua e le saie di ispirazione araba, che prima di gettarsi nell'orto botanico si allargano nelle vasche dei lavatoi utilizzati dalle donne leonfortesi fino agli anni '60.
Sull'imponente frontone affiancato da due leoni rampanti (simboli del casato, cui si ispira anche il nome della città) oggi scomparsi, l'iscrizione latina su marmo recita ancora il messaggio del Branciforti alle sue genti:
"Bevano unanimi lo spirito, l'occhio, la gola: l'argentea linfa è tanto ricca e salubre, [sgorga] per gli uomini da nobile fonte resa civile dall'arte, finalmente libera dalla bruttezza. 1652"
Generazioni e generazioni hanno accolto l'invito della Granfonte, uomini e bambini hanno allungato la mano tra i getti d'acqua per dissetarsi, il viso bagnato dagli spruzzi e riflesso per un momento nella nobile luce di un'opera d'arte. Mille e mille quartare poggiate sui bordi in pietra lavica e risollevate, umide e fresche, sulle spalle o sui dorsi degli asini.
Il rapido ciclo dell'acqua è perfettamente congegnato: la prima acqua, potabile, si getta dai cannoli nella lunga vasca/abbeveratoio e disseta gli animali; da qui scende ai lavatoi, quindi giù ad alimentare le fontane del giardino e l'orto botanico.
Una sinfonia variegata fatta di gorgheggi, scrosci, zoccoli su ciottoli, creta su pietra, sapone sulle pile, panni battuti sulla lava, canti, improperi, lazzi, ha portato la voce della Granfonte dentro la città.
Solo una volta l'anno si ammutolisce: il Venerdì santo. Simbolo di vita e armonia, anch'essa cede il passo alla morte divina.
Per poi riesplodere con la resurrezione, tutt'uno con la rinascita della natura, memoria vivente dell'origine di una comunità.
Marcella Gianfranceschi
NOTIZIE UTILI
La Granfonte si trova all'ingresso della città di Leonforte, ai piedi della via e del quartiere omonimi.
E' raggiungibile dalla SP39.
A pochi passi è visibile la Fontana delle Ninfe o Fonte di Crisa, coeva alla Granfonte e recentemente restaurata.
La Porta Garibaldi, unica superstite delle 4 porte volute dal Principe lungo la cinta muraria difensiva e in origine detta Porta Palermo, si apre accanto alla Granfonte e dà accesso all'antica via per Enna, sulla quale si apriva l'Orto botanico, il Giardino grande realizzato dal Principe con giochi d'acqua ed essenze rare.