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- Categoria: Cultura Arte Beni Culturali
Beni Culturali - Medioevo nascosto: la torre di San Giovanni Battista ad Enna
Le identità di una città non sono questioni da poco.
Intuirle e catturarle, e poi farne strumento di valorizzazione culturale per la comunità di riferimento - e magari anche turistica - è un'ulteriore sfida.
Enna: le sue identità, legate all'epoca classica e all'età medievale, sono solo sfiorate dalle dinamiche cittadine.
E invece.
Dall'interno, Enna è un saliscendi di cortili, vicoli e quartieri - alcuni ancora di impianto medievale, stretti tortuosi e animati in estate da quei profumi di basilico e melanzane, e lenzuola fluttuanti al sole, che tanto riconciliano con il vivere terreno.
Vista dal fondovalle però, Enna mostra agli altipiani silenti che le fanno corona il suo profilo inconfondibile, una linea piatta solcata da elementi verticali: le sue torri.
Enna città turrita: ecco una delle sue identità "nascoste".
Le più note - la Torre pisana e le altre 19 del Castello di Lombardia e la Torre di Federico 2. - sono state più o meno scientificamente trattate e sviscerate da studiosi e non.
Altre - dalla torre della chiesa del Carmine a quella della chiesa di San Tommaso, dall'antichissima torretta dello Spirito Santo all'imponente baluardo addossato alla chiesa di San Francesco - si sono trasformate nei secoli da orgogliosi presidi difensivi a paciosi campanili.
Ma ce n'è una, nascosta nel tessuto urbano, che osserva in silenzio le vicende cittadine dall'alto dei suoi tre livelli: è la Torre della chiesa di San Giovanni Battista.
Parliamo dell'originaria chiesa normanna di San Giovanni che dal 1937 - dopo crolli, tagli e rimaneggiamenti profondi - ospita gli uffici comunali di Piazza Coppola.
Ciò che forse non tutti sanno è che la chiesa di San Giovanni era la più importante della città, prima che la regina Eleonora d'Aragona avviasse nel Trecento la costruzione del Duomo.
E nel Medioevo pare rappresentasse anche il luogo cardine della comunità ennese che qui si riuniva in consiglio. Una sorta di arengario.
Centro civico e religioso della vita cittadina.
Dal punto di vista stilistico, è da intendersi come una "facciata-torre", elemento chiave di un'architettura turrita che fonda le sue radici nei linguaggi portati in Sicilia dai Normanni e subito contaminati da quei raffinati elementi arabi e spagnoli che fioriranno nei fasti del Gotico-mediterraneo.
L'immagine che ci restituiscono gli studiosi - tra cui il bel saggio di Mariateresa Galizia, Il disegno delle torri medievali di Enna... (Maimone) - è di un'architettura normanna (11.-12. sec.) e poi chiaramontana (13.-14. sec.) che fa delle torri il simbolo e segno stilistico identitario delle fazioni latine, opposte a quelle catalane. Interessante, se guardiamo al contesto trecentesco ennese, con gli Spagnoli al potere e i Chiaramonte dalla parte latino-francese.
Ce n'è abbastanza per invertire la metafora relativa all'impossibilità di dialogare con i muri: sono i muri, proprio loro, che ci raccontano e ci invitano ad ascoltarli. Basta sfogliarne i segni, nelle pietre come nelle forme.
Agli influssi chiaramontani è legata la conformazione attuale della torre, a partire dal loggione al piano inferiore che con quieta eleganza apre su ciascun lato le arcate decorate da modanature multiple e richiuse a sesto acuto. Sul lato cieco è ben visibile il profilo dell'originale porta d'accesso alla chiesa, oggi murata. Da lì si entrava nella navata, oggi ribassata e resa irriconoscibile dai rimaneggiamenti dei locali comunali.
Sulla volta a crociera decorata da costoloni si imposta il secondo ordine, aperto a ovest su una preziosa trifora dalle tipiche forme leggiadre, ricostruita negli elementi interni (il ricamo della lunetta e gli esili pilastrini) dal restauro dei primi decenni del secolo scorso, in base ad un frammento della decorazione.
Era probabilmente il livello destinato al coro della chiesa. Chissà: al crepuscolo il chiarore del tramonto, filtrato dai nastri marmorei, doveva diffondersi in una danza di luce.
Il terzo livello, la cella campanaria aperta su ogni lato, è sormontato da una cupoletta in stile arabo aggiunta dai restauri novecenteschi, secondo il gusto di tale periodo più improntato su suggestioni che sul rigore filologico. E' infatti un falso storico, in quanto la copertura (già ipotizzata dal Leopold nel 1917) doveva essere costituita da un'alta guglia conica.
Qual era il ruolo originario della Torre di San Giovanni Battista? Con ogni probabilità gettava lo sguardo vigile sulla vallata del torrente Torcicoda, area da sempre d'interesse strategico e naturale via di penetrazione.
Oggi, mortificata da modesti edifici moderni o mal ristrutturati, messa in ombra dalla vicina chiesa di San Giuseppe, privata del suo ruolo difensivo e mai più restituita agli antichi fasti nè riconvertita a funzioni operose, svetta ancora imponente e sontuosa nelle sue linee eleganti, pur sacrificata ad un circuito che impone alle auto di girarle rapidamente intorno, infastidite dalla curva a gomito. In quella curva c'è lei.
Ma sono i particolari, quelli su cui lo sguardo si posa distratto, a rendere invece preziosa l'osservazione della torre: le piccole foglie sui capitelli, morbide come fossero vive; i finti pilastrini, incisi con cura certosina. E i volti scolpiti alle basi degli archi, le labbra carnose le folte barbe e gli occhi placidi, fissi da sempre sui passanti che impietosamente non si accorgono di loro, ingrati di tanta bellezza.
Marcella Gianfranceschi