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Il reato di violenza privata
Il reato di violenza privato è disciplinato dall’art. 610 c.p.,che così dispone: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Nel secondo comma del predetto articolo, il legislatore afferma che : “ La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339”. Il bene giuridico tutelato dalla norma penale è la libertà morale di cui è titolare ciascuna persona. La suddetta libertà deve essere intesa come la facoltà di autodeterminarsi spontaneamente, secondo autonomi processi motivazionali e senza dover subire forme illegittime di costrizione o di limitazione.
Con la fattispecie in oggetto il legislatore tende anche a garantire la libertà psichica dell’individuo da qualsiasi interferenza esterna. In altre parole, si mira a garantire la vittima da ogni aggressione alla libertà psichica o di autodeterminazione, ma non già a quella fisica o di movimento, poiché in tal caso si verterebbe nella diversa ipotesi delittuosa del sequestro di persona. Il delitto di violenza privata può essere commesso da chiunque, si tratta di un reato comune, non richiedendo, ai fini della sua commissione, che l’agente abbia una particolare qualifica o che rivesta uno specifico status.
Presupposto essenziale del delitto è la preesistenza di una libertà di determinazione e di azione di chi subisce la condotta criminosa. L’elemento oggettivo del delitto si fonda su tre possibili condotte: la prima consiste nel costringere altri a fare qualche cosa; la seconda nel costringere altri a tollerare qualche cosa.; la terza, invece, si manifesta nel costringere altri ad omettere qualche cosa. In particolare, la configurabilità della fattispecie criminosa in commento esige che la condotta sia compiuta con violenza oppure con minaccia. Sussiste la violenza privata solo quando la volontà della vittima si uniforma a quella dell’aggressore.
La violenza privata può essere commessa con atti per sé violenti ed è poi finalizzata a costringere la persona offesa a fare, non fare, tollerare o omettere qualche cosa, cioè ad obbligarla ad uno specifico comportamento. Per violenza privata non si intende solo una coercizione fisica, ma anche ma anche qualsiasi azione minacciosa a porre il soggetto passivo nell’alternativa di non muoversi o muoversi col pericolo di lesionare l’integrità altrui. L’elemento soggettivo del reato è il dolo generico, ossia la coscienza e la volontà di costringere taluno, tramite violenza o minaccia, a fare, tollerare o omettere qualcosa. Ai fini della configurazione del reato, pertanto, non è necessario il concorso di un fine particolare, né che la condotta del reo sia volta al conseguimento di un fine illecito, essendo irrilevante che l’agente sia mosso da eventuale fine di scherzo.
Avv. Donatella Rampello
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