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L’arte nella diversità
Non tutte le opere d’arte sono uguali, basta un tocco di pennello che ognuna di esse sarà diversa l’una dall’altra e con tecniche e colori diversi. I colori usati, i soggetti rappresentati, su una tela sono diversi l’uno dalle altre; anche uno stesso artista usa soggetti e colori diversi per ognuna delle sue opere. Le scelte degli oggetti di un’opera d’arte e dei suoi colori possono dipendere dallo stato d’animo in cui l’artista si trova in quel momento. Se è felice userà colori vivaci, mentre se è triste le sue opere saranno dipinte con colori cupi. Solitamente ogni artista sposa un proprio stile di pittura chi ritrae paesaggi, chi dipinge scene religiose o altro ancora. L’ arte gioca anche un ruolo fondamentale nella diversità non solo come forma di rappresentazione, ma anche come attività ludico-ricreativa di soggetti con disabilità. Fin dall’antichità, nonostante la concezione che si aveva nei confronti di una persona con disabilità, l’arte ha assunto un valore fondamentale per quei soggetti che presentavano delle malattie di tipo mentale. Agli inizi del '900 infatti prende spazio “l’arte dei folli”. Tra i primi ad abbracciare questo tipo di studi è stato lo studioso dell’arte, psichiatra e psicoterapeuta Hans Prinzhorn. Nel suo saggio “L’attività plastica dei malati mentali” del 1922 ruota attorno al concetto di Gestaltung ovvero di «impulso originario» e si denota un labile confine tra arte e follia. La sua ricerca parte dall'analisi delle opere d'arte prodotte da varie tipologie di malati di mente. Sulla stessa scia d’onda è Jean Dubuffet “padre” dell’Art Brut (arte grezza) il quale definiva “arte spontanea” quella prodotta dai non professionisti o pensionati dell’ospedale psichiatrico che producevano un’arte senza pretesa alcuna, un’arte istintiva, inconsapevole e dissacrante. L’arte nel corso della storia ha assunto una funzione di attività terapeutica attraverso l’arte-terapia per le sue capacità di comunicazione, una forma di espressione che può sostituire il linguaggio comune dove i soggetti con disabilità possono trovare consapevolezza di sé stessi. L’arte nel campo della disabilità diventerà una vera e propria terapia e le cui origini si sviluppano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti negli anni 40 allo scopo di curare i sopravvissuti durante le guerre; venivano accolti negli ospedali psichiatrici dove questa forma di terapia veniva praticata da veri e propri artisti coadiuvati da psicologi e psichiatri per poi diventare una vera e propria disciplina. Attraverso l’arte si possono esprimere i propri stati d’animo, le proprie emozioni, fantasie e pensieri. L’arte terapia viene applicata in diversi contesti, dagli asili nido agli “Alzheimer Cafè”, dalle scuole di diverso grado ai centri diurni, dagli atelier in comunità migranti al carcere, dagli ospedali agli hospice; insomma è rivolta a un’ampia fascia di età che presenta delle difficoltà che possono essere superate attraverso l’arte terapia. Per quando riguarda la sua regolazione in Italia non esiste una vera e propria legge di riferimento, l’unica norma è la UNI 11592, norme che disciplinano tutte quelle attività professionali non regolamentate. Per coloro che si recheranno in uno studio di un’arte terapeuta troveranno una stanza luminosa piena di stimoli con molti materiali che cercheranno di sbizzarrire la fantasia del paziente: fogli, matite, pennarelli colorati, creta, plastilina, stoffa, gomitoli di lana, forbici, scotch, colla. Nell’arte terapia un ruolo fondamentale lo gioca la musica che permette di rilassarsi e dare sfogo alla propria fantasia. L’arte può essere praticata o ammirata da qualsiasi persona e con qualsiasi tipo disabilità fisica o mentale, si può pensare che l’unico elemento indispensabile sia la vista o la manualità in realtà non è proprio così. C'è poi la professione di pittore o scultori (anche la scultura è una forma d’arte) con disabilità. L’Italia è piena di queste due forme d’arte da Alberto Sani (scultore), Andrea Bianchi (scultore), Andrea Ferrero Sette (pittore), Antonio Ruggeri (scultore). Tra questi ci soffermiamo su Alberto Sani uno scultore che una volta diventato cieco continuerà a coltivare la sua passione. Nel periodo della sua cecità Sani darà vita a delle sculture che rappresenteranno i ricordi rimasti scolpiti nella sua memoria. Le sue opere saranno create per gli altri e non per lui che non li potrà mai vedere ma che attraverso la scultura potrà esprimersi e facendo così, pur non rinnegando la propria disabilità, metterà a sfrutto le sue abilità, mettendo nelle sue opere tutto quello che lo rappresenta, i suoi stati d’animo, i suoi desideri, i suoi limiti, i suoi sogni, le sue ambizioni e le sue delusioni. L’arte al giorno d’oggi è resa accessibile a tutti, in particolar modo alle persone con disabilità, non tanto in termini di barriere architettoniche ma al suo interno vi si trovano dei particolari ausili che permettono ad esempio a una persona non vedente di scoprire l’arte nella sua bellezza, i cosiddetti musei tattili dove al non vedente viene data la possibilità di toccare le opere d’arte. Affinché un museo e quindi l’arte sia accessibile è necessario che sia in grado di accogliere qualsiasi tipo di disabilità grazie anche alla presenza di guide che conoscano il Linguaggio dei segni, il LIS per le persone sorde. Per le persone non vedenti sono previste dei percorsi tattili e la presenza di audioguide che spiegano le opere esposte. Mentre per un pubblico con disabilità intellettive è necessario l’utilizzo di un linguaggio semplificato. Da una ricerca attraverso i diversi siti si evince che in Italia vi sono circa 80 siti museali accessibili a persone ipovedenti. Infine, un altro modo possibile per visitare un museo sono i siti che permettono di "entrare" comodamente da casa un museo. L’arte attiva o passiva gioca un ruolo fondamentale nel contesto della disabilità perché permette di dare un po’ di colore alla vita di alcune persone che vivono una condizione di disabilità per una loro piena integrazione non solo sociale ma anche culturale.
Andrea Fornaia
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