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Cultura e Arte - Sentirsi a casa lontano da casa: l’Abbazia di Santa Maria del Bosco
Attraversare la Sicilia e raggiungere nel cuore della Valle del Belice il monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, nei pressi del comune di Contessa Entellina (Palermo), rappresenta un viaggio non solo geografico. Il genius loci insito in quei siti ti riporta senza soluzione di continuità lontano nel tempo, cercando di recuperare - attraverso i territori, i luoghi, i paesaggi, gli edifici e gli ambienti - la memoria della storia e degli uomini che li hanno percorsi.
La plurisecolare storia dell’abbazia ha avuto origine da un piccolo eremo di frati che, alla fine del XIII secolo, ha ritenuto ottimale il bosco di querce, isolato e impervio, come luogo di ritiro spirituale. Qui nel 1309 veniva consacrata una basilica sotto la protezione di San Gerlando e San Gregorio e gli eremiti abbracciavano la regola benedettina. Divenuto priorato nel 1371, il monastero verrà elevato ad Abbazia nel 1400 sotto Bonifacio IX e nel 1469 si unirà all’ala riformata dei benedettini bianchi di Monte Oliveto Maggiore ad Asciano (Siena), caratterizzandosi per una particolare devozione alla Madonna. Il monastero nel corso dei secoli, alternando l’attività spirituale e pratica secondo la regola benedettina, si è innestato in maniera proficua nel tessuto sociale, economico e culturale del territorio, ma anche nelle ‘rete’ dei monasteri olivetani italiani, come testimoniano le Memorie Antiche del Monastero di Santa Maria del Bosco, manoscritto del 1582 (ora conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli) redatto dal monaco priore Olimpio di Giuliana, che nel luglio del 1588 visitando la casa degli olivetani di Napoli chiederà nientemeno che a Torquato Tasso (in quegli anni ospite della casa) di correggere il suo testo.
Soppresso nel 1784 per volontà laicizzante del Viceré Caracciolo, passò dopo un decennio sotto la giurisdizione del convento agostiniano della Consolazione di Palermo per poi essere definitivamente travolto dalle leggi eversive del 7 luglio 1866 e acquisito all’asta da privati. La chiesa invece verrà affidata alla diocesi di Monreale.
La chiesa abbaziale, tradizionalmente destinata alla preghiera corale, è caratterizzata da una costruzione solida e possente e, nonostante i crolli successivi al terremoto del Belice del 1968, cui solo il campanile è sopravvissuto, testimonia la stabilità nel tempo dell’applicazione di un modello architettonico che si integra con la spazialità degli altri ambienti. La chiesa forse ospitava il monumento funebre dell’infanta Eleonora D’Aragona, signora di Caltabellotta, Giuliana, Contessa di Calatamauro. Di lei sopravvive il busto-ritratto dell’artista dalmata Francesco Laurana - ora conservato al museo regionale di Palazzo Abatellis di Palermo su iniziativa ai primi del ‘900 di Antonio Salinas – opera che, per dirla con le parole di Cesare Brandi (1989), è caratterizzata da «occhi tagliati a mezzo dalle palpebre come da un orizzonte privato» e rappresenta un modello paradigmatico per la scultura del Quattrocento siciliano. Ma il ritratto scultoreo di Eleonora D’Aragona non è il solo manufatto artistico che emerge dalla memoria dell’antico convento: già negli anni ’60 dell’Ottocento Giovan Battista Cavalcaselle nel suo viaggio ‘da una parte all’altra’ della Sicilia aveva riconosciuto in quella Madonna del bosco oggi conservata al Museo Diocesano di Monreale una terracotta invetriata della bottega fiorentina dei Della Robbia, recentemente attribuita alla mano di Andrea Della Robbia (Reginella 2001).
Il silenzio dei due chiostri secenteschi, dai quali si accede a tutti i locali del monastero, secondo un’articolazione ordinata degli spazi, mantiene ancora adesso una comunione fra misticismo e funzionalità insito nella regola benedettina. Da un monumentale e teatrale scalone si accede al piano superiore dove il percorso si snoda attraverso corridoi smisurati, forse eccessivi, ma mitigati dal ritmo preciso e sapiente delle finestre ovali che modulano la luce diurna ed enfatizzano la ricchezza delle modanature, dei colori e delle iscrizioni incise sulle cornici scultoree delle porte delle stanze dei monaci e dei novizi e ci raccontano vicende umane e tracce storiche, facendoci sentire parte del luogo.
Identità culturale attraverso i luoghi che proprio quest’anno il comune di Contessa Entellina ha deciso di rinsaldare commissionando all’urban artist Igor Scalisi Palminteri, in sinergia con Le Vie dei Tesori – fondazione che dal 2006 valorizza il patrimonio dell’Isola -, la realizzazione di un murale ispirato al busto del Laurana.
Agata Farruggio