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Vendita con patto di riscatto
La vendita con patto di riscatto dà al venditore il diritto di riacquistare la proprietà della cosa venduta (bene mobile o immobile) restituendo il prezzo e le spese al compratore secondo quanto previsto dagli artt. 1500 e seguenti del codice civile.
Non è altro che una particolare figura giuridica che si contrappone totalmente alla funzione tipica della compravendita ordinaria.
Quest’ultima, infatti, è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di un diritto verso il corrispettivo di un prezzo. Pertanto, il venditore perde definitivamente la proprietà del bene che passa in capo all’acquirente.
Nella ipotesi di vendita con patto di riscatto, invece, il venditore ha la possibilità di riottenere ( riscattare) dall’acquirente il bene venduto, restituendo il prezzo e gli eventuali rimborsi stabiliti, ai sensi dell’art. 1502 c.c.
Nello specifico l’art. 1500 c.c., afferma che: “Il venditore può riservarsi il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalle disposizioni che seguono. Il patto di restituire un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita è nullo per l’eccedenza”.
La vendita con diritto di riscatto è spesso esercitata dal venditore quando questi si trova in una condizione economica precaria e decide di alienare il bene per reperire una quantità di denaro sufficiente a sopperire alle proprie esigenze temporanee. Questo istituto perciò presuppone che il venditore si trovi in una situazione di difficoltà economica temporanea. Per questo motivo è data la possibilità al soggetto in questione di apporre una condizione di questo tipo al fine di poter riacquistare il bene, alienato per motivi di urgenza, che altrimenti non sarebbe mai uscito dal patrimonio del venditore.
Al comma 2 dell’art. 1500 è disciplinata una tutela per il venditore, il quale non dovrà versare un prezzo superiore a quello stipulato per la vendita; è stabilito un divieto in capo all’acquirente di approfittarsi del momento di difficoltà economica dell’alienante, per poter trarre un guadagno maggiore di quello pattuito. In questo caso il sovrapprezzo richiesto risulterà nullo e non dovuto dal venditore stesso.
Il termine entro cui il venditore può riscattare la proprietà del bene alienato (art. 1501) è di due anni per i beni mobili e cinque anni per quelli immobili. Il venditore che esercita il diritto di riscatto ha l'onere di rimborsare al compratore il prezzo, le spese e ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita, oltre ai costi per le riparazioni necessarie e a quelli che hanno aumentato il valore della cosa riscattata, ma nei limiti dell'aumento.
Se l’acquirente aliena a sua volta il bene del venditore, l’alienante può usufruire del diritto di riscatto purché tale clausola sia opponibile ai terzi. La vendita con patto di riscatto può risultare nulla o viziata ad esempio qualora il compratore chieda all’alienante un prezzo maggiore rispetto a quello pattuito e dovuto per il riscatto della proprietà, questo “sovrapprezzo” risulta nullo e dovuto. In ogni caso si configura nullità generale della vendita con patto di riscatto quando il fine del contratto è quello di garantire un credito. In sostanza il versamento del prezzo non deve rappresentare l’adempimento di un mutuo ed il trasferimento del bene non deve essere qualificato di conseguenza come una garanzia transitoria del contratto.
Avv. Donatella Rampello
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