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“Piano di rinascita democratica” della P2 e alcune riforme del governo Meloni: lontane ascendenze, analogie, differenze
Nel corso degli ultimi decenni, il significato di termini come "futuro" e "riforme" ha subito cambiamenti radicali. In passato "futuro" era una parola che ispirava ottimismo e le "riforme" erano viste come miglioramenti necessari. Oggi il futuro è spesso fonte di preoccupazione e le "riforme", a seconda del contesto politico, possono essere percepite come potenziali minacce. Secondo i partiti dell’opposizione e secondo una buona metà dell’opinione pubblica nazionale questo è particolarmente evidente a proposito delle principali riforme proposte o attuate dal Governo Meloni: il premierato, l'autonomia regionale differenziata, gli interventi sull'informazione, la limitazione del diritto di cronaca, la liberalizzazione delle procedure d'appalto, la riforma fiscale e la giustizia (con misure come l'abolizione dell'abuso d'ufficio, la stretta sulla magistratura, carriere separate per giudici inquirenti e giudicanti, test psico-attitudinali per i magistrati, drastica riduzione delle intercettazioni, e altro ancora).
“Piano di rinascita democratica” della P2
Il "Piano di rinascita democratica" di Licio Gelli, capo della loggia massonica segreta P2, mirava a trasformare il sistema politico italiano. Questo piano conteneva una serie di riforme strutturali volte a ridurre i contrappesi democratici e centralizzare il potere, restringendo al contempo le libertà individuali e il ruolo di alcune cariche istituzionali rispetto ad altre. Gli obiettivi principali includevano la riforma della giustizia per limitare l'autonomia della magistratura, il controllo dei media per manipolare l'opinione pubblica, e la modifica delle istituzioni democratiche per favorire un governo più autoritario.
Sia chiaro, nessuno è così sprovveduto da tacciare il governo in carica di essere una specie di quinta colonna della P2 o, tout court, di essere piduista. Un ragionamento del genere sarebbe ridicolo oltre che profondamente scorretto. Le farneticazioni delle consorterie segrete non hanno niente a che vedere con i percorsi politici e procedurali delle istituzioni della Repubblica democraticamente elette. Ne costituiscono anzi l’antitesi. E tuttavia nei fatti non mancano terreni comuni: autoritarismo, restrizione degli spazi di libertà e/o di ruolo di alcune cariche rispetto ad altre, messa in discussione del sistema di pesi e contrappesi che connota i principali poteri della Repubblica come li aveva voluti la Costituzione.
I “warning” sui rischi che si corrono e i richiami al parallelismo o addirittura ai desiderata del “Piano di rinascita democratica” della P2, già intervenuti l’anno scorso, si sono intensificati nelle ultime settimane.
Analogie e differenze con le riforme del Governo Meloni
Esaminando le riforme proposte dal Governo Meloni più voci hanno sostenuto che emergono alcune analogie con il "Piano di rinascita democratica" della P2. In sintesi:
1)Riforma della Giustizia: Entrambi mirano a ridurre il potere e l'autonomia della magistratura. Le riforme del Governo Meloni includono misure come l'abolizione dell'abuso d'ufficio e la separazione delle carriere per giudici inquirenti e giudicanti, che riecheggiano le intenzioni del piano di Gelli di limitare l'indipendenza del potere giudiziario.
2)Controllo dei Media: Il Governo Meloni ha proposto interventi sull'informazione e alcune limitazioni del diritto di cronaca, che potrebbero essere visti come paralleli al proposito della P2 di controllare i media per influenzare l'opinione pubblica.
3)Centralizzazione del Potere: Il piano della P2 e le riforme del Governo Meloni condividono l'obiettivo di ridurre pesi e contrappesi tra i vari organi democratici. Il premierato può essere letto in quest'ottica.
Divergenze
Tuttavia, esistono anche differenze significative:
1)Contesto Democratico: Le riforme del Governo Meloni avvengono all'interno di un contesto democratico, con un governo eletto e processi legislativi regolati. Il piano della P2 era un progetto segreto e cospiratorio volto a sovvertire l'ordine democratico.
2)Intenzionalità e Metodo: Il piano di Gelli era esplicitamente antidemocratico e mirava a un colpo di stato “istituzionale” ossia non militare ma stravolgendo ampiamente le istituzioni dal loro interno. Le riforme del Governo Meloni, pur contestabili, non mirano a sovvertire il sistema democratico quanto piuttosto a modificarne diversi decisivi aspetti secondo una visione politica specifica.
Consorterie segrete e processo politico legittimo
Nonostante le somiglianze tra alcune riforme del Governo Meloni e il "Piano di rinascita democratica" della P2, è importante sottolineare che le intenzioni e il contesto in cui queste riforme vengono proposte sono profondamente diversi. Mentre la P2 operava nell'ombra con l'obiettivo di minare la democrazia, le riforme attuali sono parte di un processo politico legittimo e trasparente, anche se autoritario, fortemente contrastato, di sicuro poco condiviso. Pecca quest’ultima di non poco conto considerato che proprio le riforme delle istituzioni essenziali della Repubblica – Governo, Parlamento, ancora più a monte Presidenza della Repubblica, Magistratura – non devono essere di parte e richiedono dialogo e convergenze tra maggioranza e minoranza. Le preoccupazioni sollevate da vari esperti e critici riguardo ai potenziali rischi di queste riforme meritano pertanto un attento esame e una vigilanza costante per garantire che i principi democratici fondamentali non vengano compromessi.
Il Piano Programmatico della P2 e le analisi di Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato
Il disegno della loggia massonica P2, redatto da Francesco Cosentino e trovato nel 1981 negli archivi di Licio Gelli, mirava a sostituire gli apparati democratici italiani con un sistema autoritario incentrato sull'informazione. Il piano, scoperto in un doppiofondo di una valigia della figlia di Gelli e accompagnato da altri documenti, conteneva proposte di riforma radicali come la modifica della Costituzione, la riduzione dei parlamentari, la riforma della magistratura, tra cui la separazione delle carriere e la modifica del ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura. Alcune di queste proposte sono state successivamente adottate o parzialmente realizzate, in particolare nei settori istituzionale e dei media. Paradossalmente volute anche da forze politiche ideologicamente lontane anni luce dai propositi della P2.
Il 14 luglio 2023 il magistrato Nino Di Matteo in una intervista al quotidiano “La Stampa” ha avanzato pesantissime critiche sulle riforme della giustizia sia della ministro Cartabia che del ministro Nordio, evidenziando che queste riforme finiscono per attuare il piano della P2 nella parte riguardante la magistratura. Di Matteo sostiene che le modifiche puntano a limitare l’indipendenza della magistratura e a favorire l’impunità della politica, in continuità con quanto messo in opera dai governi Berlusconi. Secondo Di Matteo queste riforme compromettono il controllo di legalità e l'efficacia delle indagini che riguardano la responsabilità politica. La preoccupazione è che si stia costruendo una architettura del sistema giudiziario che potrebbe impedire la giustizia su temi cruciali come la corruzione e i legami tra mafia e politica.
Anche Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo e senatore del M5S, ha espresso forti preoccupazioni sullo stato della democrazia italiana. Durante il 36° Congresso nazionale dell’ANM, svoltosi a Palermo lo scorso maggio, ha accusato le attuali forze politiche di centro-destra al governo di essere eredi di quelle che storicamente non hanno mai legato con la Costituzione del 1948. Scarpinato ha descritto il fenomeno come un "work in progress" verso una democrazia "illiberale e autoritaria", che favorirebbe interessi oligarchici piuttosto che il bene comune. Ha sottolineato che le riforme in discussione - come quelle su autonomia differenziata, premierato e magistratura - minacciano principi fondamentali della Costituzione, come l'unità nazionale e l'indipendenza della magistratura. Scarpinato ha tracciato un parallelo con il "Piano di rinascita democratica" della P2, sostenendo che molte delle riforme in discussione sono in linea con le proposte anticostituzionali di quel piano. Ha inoltre denunciato come, storicamente, il potere più conservatore italiano abbia sabotato la Costituzione attraverso sia azioni legali che violenze, inclusi omicidi politici e stragi. Ha criticato le campagne di discredito contro magistrati come Giovanni Falcone e ha infine chiamato alla resistenza per difendere la Costituzione, ultima trincea contro una deriva autoritaria.
Attuazione del Piano Gelli
Alcuni punti del "Piano di rinascita" della P2 sono stati effettivamente realizzati. Il notista politico Stefano Folli ha scritto sul quotidiano “La Repubblica” il 14 maggio 2024 che riforme come il taglio dei parlamentari riflettono il piano di Gelli. L'attuazione di riforme chiave come la separazione delle carriere nella magistratura è una riforma in corso, si vedrà con quali esiti.
Analisi del Piano Gelli
Il "Piano di rinascita democratica" della P2 presentava un mix di proposte a breve termine e di proposte a medio/lungo termine. Tra i punti principali a breve termine:
1)Magistratura: Riforme per ridurre l'influenza politica e responsabilizzare i magistrati.
2)Parlamento: Proposte per migliorare l'efficienza e limitare l'influenza dei partiti e dei media.
Le proposte a lungo termine includono:
3)Ordinamento Giudiziario: Riforme per la separazione delle carriere e, per alcuni specifici casi, persino l'elezione dei magistrati sul modello dei giudici onorari.
4)Governo e Parlamento: Cambiamenti per rafforzare il potere esecutivo e modificare le leggi elettorali e sulla finanza.
Il piano prevedeva anche azioni economiche e sociali, come la modifica degli orari di lavoro e l'abolizione di festività infrasettimanali. Si tratta di proposte superate, discutibili e ormai improbabili nell’Italia di oggi.
Il documento di Gelli puntava a una riforma della giustizia e della stampa che richiama in più parti recenti iniziative del governo, come l'introduzione di test psico-attitudinali per i magistrati e misure che colpiscono il pluralismo dei media, con nel mirino anche la Rai. Alcuni temi del piano, come la soppressione delle province, si sono rivelati problematici nella pratica. Come ad esempio nel caso della sconclusionata soppressione delle province in Sicilia. Delle Regioni si auspica nel “Piano” la riduzione del numero piuttosto che l’introduzione di un rango da mini-stato federale con massiccia autonomia esclusiva in molte materie, come avviene nel disegno nell’autonomia regionale differenziata approvata dal governo Meloni. Tutte prerogative che renderebbero i presidenti delle Regioni del Nord, marcatamente “differenziate”, satrapi con poteri enormi nelle mani. Da non crederci ma, almeno in questo, Gelli è persino più saggio e meno stato-sfascista di Salvini e di tutti coloro che hanno votato la sua riforma sull’autonomia differenziata. Non a caso nota come “SpaccaItalia”.
Le polemiche sul Piano Gelli nel giorno del 44° anniversario della strage di Bologna
Pochi giorni fa, il 2 agosto, nel 44° anniversario della strage di Bologna, il presidente dell’Associazione delle vittime, Paolo Bolognesi, ha criticato la presidente del Consiglio per la sua posizione su questa tragica vicenda, accusando il governo di ignorare le responsabilità neofasciste e di promuovere leggi simili a quelle proposte dalla P2. Ha detto dal palco Bolognesi: “Gli ultimi due processi, il processo d’appello su Cavallini e il processo d’appello sui mandanti, hanno a questo punto certificato che la strage è stata organizzata e finanziata dai vertici della loggia massonica P2, che è stata protetta dal punto di vista organizzativo e organizzata in maniera molto attenta da parte dei nostri servizi segreti, i servizi segreti italiani, in gran parte iscritti alla loggia massonica P2, ed eseguita da terroristi fascisti. Questa è la verità del retro, di tutto quello che ci stava dietro la strage. (…) Dopo 44 anni dalla strage di Bologna portano avanti delle leggi che sono punti focali del “Piano di rinascita democratica” che voleva la loggia massonica P2. Chi è al governo non ha compreso bene le verità processuali che stanno venendo fuori. Credo che questa sia una lacuna notevole per la nostra democrazia".
Replica della presidente del Consiglio: “(…) sono profondamente e personalmente colpita dagli attacchi ingiustificati e fuori misura che sono stati rivolti, in questa giornata di commemorazione, alla sottoscritta e al Governo.
Sostenere che le "radici di quell'attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo", o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l'incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione”.
Le riforme del governo Meloni e le “preoccupazioni” dell’Unione europea
Il recente rapporto annuale della Commissione europea sull'Italia evidenzia preoccupazioni riguardo soprattutto a tre temi: libertà dei media, giustizia, riforma convenzionalmente definita premierato. Il governo italiano ha risposto sottolineando la cooperazione con l'Ue e difendendo le proprie politiche. Le tensioni e le polemiche, come si intuisce, continuano a riflettere un'eco del "Piano di rinascita democratica", rivelando una persistenza di tematiche quanto mai controverse nel dibattito politico italiano.
Conclusioni. Il nodo giustizia
Una conclusione emerge a proposito della riforma della giustizia: una preoccupazione profonda per il rischio di una cercata subordinazione del sistema giuridico a fini politici. Come avvenuto in molti paesi, dall’Ungheria alla Polonia del governo che ha preceduto quello in carica, e in tanti altre “democrazie illiberali” a partire dalla Russia. La critica si concentra su come, storicamente e attualmente, le riforme della giustizia, pur in contesti e governi differenti, tendano a privilegiare una visione conservatrice che accentua il controllo del potere esecutivo sul potere giudiziario. Da cosa nascono queste preoccupazioni? Alcune spunti di riflessione:
1)Assonanze e Sovrapposizioni: Nonostante non esista una connessione diretta tra il "Piano" P2 e le riforme attuali, vi sono significative assonanze di intenti, specialmente nelle proposte riguardanti le modalità di selezione dei magistrati e nella ostinazione a cercare la separazione delle carriere tra Pubblici ministeri e magistrati giudicanti. Questi elementi suggeriscono una matrice ideologica comune, che tende verso un maggiore autoritarismo e un predominio del potere esecutivo.
2)Ossessione per il Controllo Politico: Emerge un'ossessione persistente per il controllo del potere giudiziario da parte della politica, spacciata come necessità di riforma della giustizia. Questa visione sembra essere condivisa dai vari governi di centro-destra e denota una continua preoccupazione per limitare l'autonomia della magistratura e proteggere quanto più possibile la politica da eventuali conseguenze giudiziarie.
3)Problemi Strutturali della Giustizia: Perché tutta questa ossessiva attenzione che caratterizza il rapporto tra giustizia e politica non viene dedicata dal governo e dal legislatore, più in generale, alle carenze strutturali e complessive della giustizia in Italia? Incancrenita da pene inadeguate, condizioni disumane e suicidi nelle carceri, lunghezza dei procedimenti giudiziari, sentenze discutibili, gestione inefficace di reati gravi come i femminicidi, gli incendi dolosi, i reati che si traducono in morti sul lavoro a migliaia. Reati – femminicidi, incendi appiccati e distruzione della natura, prevenzione morti sul lavoro – che faremmo bene a normare in modo organico, con interventi efficienti e tempestivi, cominciando con la concretizzazione di appositi codici specifici. Come esiste il codice degli appalti, stradale, dei contratti pubblici, del turismo, del terzo settore e via discorrendo dovrebbero esistere codici specifici per i tre gruppi di reati che abbiamo indicato.
Le riforme della giustizia che stanno tanto a cuore al governo Meloni per la loro natura parziale e strumentale sembrano più tese a rafforzare il controllo politico sulla magistratura piuttosto che a risolvere i reali, colossali problemi del sistema giudiziario. Occorre affrontare le questioni fondamentali della giustizia con interventi più significativi e strutturati piuttosto che con riforme che si limitano a modificare superficialmente il potere giudiziario. E che non nascondono la mira di contenerlo. Le stesse mire che, quarantatré anni fa, erano nei desiderata del “Piano di riforma democratica” di Gelli.
Pino Scorciapino
Foto: https://neobar.org/2020/02/05/licio-gelli-taglia-i-parlamentari/
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