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Enna – Sanità: chi doveva controllare le prestazioni aggiuntive dei medici indagati?
La vicenda legata alla chiusura delle indagini per 33 medici dell’Asp di Enna, molti dei quali operanti all’Umberto I, non c’è dubbio che ha attirato l’attenzione del grande pubblico e sono in tanti a puntare il dito sui camici bianchi.
Forse è bene ricordare alcune cose giusto per non mettere nessuno alla gogna. Intanto il provvedimento emesso dalla procura parla chiusura indagini, il che significa che l’indagato ha circa 15 giorni di tempo per presentare la propria documentazione e chiedere di essere ascoltato. Successivamente finiti questi adempimenti il gip fissa una udienza preliminare e in quella sede deciderà se archiviare e rinviare a giudizio. Ma non deciderà complessivamente per i 33 medici, ma singolarmente quindi potrà avvenire che alcune posizioni potranno essere archiviate, altre rinviate a giudizio. Il rinvio a giudizio significa processo, il reato contestato è quello di truffa.
Ora però è necessario capire come si è potuti arrivare a questo punto? Non è che i medici si organizzavano tra loro e decidevano se fare gli interventi programmati o in prestazioni aggiuntive; e non è che i camici bianchi si autorizzavano e si pagavano da soli, no.
Quindi bisogna capire chi doveva controllare, quale era la catena di controllo e cosa non ha funzionato, perché fino a prova contraria tutti sono innocenti fino alla condanna definitiva. I fatti si riferiscono agli anni 2017/2018/2019.
Intanto, bisogna capire, chi autorizzava l'esecuzione delle prestazioni aggiuntive? Ci deve essere stato uno che diceva “sì le puoi fare, oppure no non le puoi fare”;
quali erano gli obbiettivi fissati e per fare cosa?;
e ancora chi verificava che gli stessi fossero stati raggiunti? Con le prestazioni aggiuntive si sono accorciati i tempi delle liste di attesa?
Chi ne accertava la congruità ?
Crediamo che queste siano le domande minime da porsi. Ma noi ce ne siamo poste altre: chi doveva controllare che non vi fossero sovrapposizioni tra reperibilità e prestazioni aggiuntive? Ed infine chi autorizzava i pagamenti ?
Se sono prestazioni sanitarie è ovvio, almeno ci sembra, che il direttore sanitario di presidio e quello aziendale, dovevano non solo sapere, ma autorizzare; e sei i medici dicono che erano stati autorizzati, anche il capo del personale doveva dare la sua autorizzazione, così come il direttore amministrativo e in cima il direttore generale.
Una cosa appare strana ed è l’assordante silenzio delle sigle sindacali.
Massimo Castagna
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