Il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Sindrome di Down, quest’anno focalizzata sul tema *"Migliorare i sistemi di supporto"*. L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica sui bisogni delle persone con Sindrome di Down e promuoverne una piena inclusione sociale, lavorativa e relazionale.

Negli ultimi decenni, i progressi in campo genetico e medico hanno migliorato significativamente la qualità e l’aspettativa di vita delle persone con questa condizione, che oggi supera i 60 anni grazie a una migliore gestione delle patologie associate. In Italia, sono attualmente in corso importanti studi clinici, tra cui il progetto europeo *Improving COgnition in Down Syndrome (ICOD)*. Questo studio si concentra su un farmaco innovativo, AEF0217, mirato a migliorare memoria e flessibilità cognitiva.

La fase iniziale dello studio, condotta su giovani adulti, ha dimostrato sia la sicurezza del farmaco sia significativi progressi comportamentali, nella comunicazione, nelle abilità quotidiane e nelle relazioni sociali. Grazie ai risultati promettenti, il progetto ICOD, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020, è stato presentato il 19 marzo al Parlamento Europeo di Bruxelles, alla presenza della Presidente Roberta Metsola. Durante l’evento, organizzato da *EuforTrisomy21*, è stato annunciato che la fase 2 dello studio clinico partirà nel secondo semestre del 2025 e coinvolgerà 200 partecipanti in diversi centri europei.

Il professor Filippo Caraci dell’Università di Catania, uno dei coordinatori del progetto, ha sottolineato l’importanza di includere le persone con Sindrome di Down nel dibattito scientifico e politico, valorizzando la loro voce nei processi decisionali. L’impegno del progetto ICOD punta a migliorare la qualità della vita e l’autonomia di queste persone attraverso la ricerca scientifica.

La Sindrome di Down, che rappresenta circa l’8% delle anomalie congenite, ha mostrato un aumento della sua prevalenza negli ultimi anni, legato principalmente all’aumento dell’età materna. I dati europei indicano che l’incidenza è passata da 16 a 23 casi ogni 10.000 nati tra il 1990 e il 2015, con un significativo incremento delle diagnosi prenatali. Questi numeri evidenziano la necessità di iniziative mirate a favorire l’inclusione e il supporto delle persone con questa condizione.