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No alla Violenza - Incesto (art. 564 c.p.)
L’art. 564 c.p. prevede e punisce il reato di incesto, ossia il rapporto sessuale o la relazione incestuosa fra due persone fra le quali esistano determinati vincoli di parentela o di affinità.
Tuttavia, prevede l’art. 564 che dall’incesto deve derivare pubblico scandalo. Ciò significa che se l’incesto è privo del c.d. pubblico scandalo allora non è, di per se stesso, un fatto penalmente rilevante, in quanto per essere punito deve suscitare nella collettività una reazione morale di turbamento, di disgusto e di ripugnanza per effetto del fatto commesso.
L’incesto è un reato proprio poiché può essere commesso solo da soggetti che hanno tra loro specifiche e determinate relazioni. Infatti, possono essere soggetti attivi del reato gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi che illegittimi e naturali; gli affini in linea retta, ossia il suocero e la suocera con i rispettivi genero e nuora, nonché il coniuge con i figli dell’altro coniuge; i fratelli e le sorelle non solo se figli di stessi genitori, ma anche se figli dello stesso padre o della stessa madre, sia legittimi che naturali. Questo rapporto di parentela, al momento della commissione del reato, deve già esistere in quanto condizione necessaria.
In questo tipo di reato, sembra invece che il soggetto passivo sia lo Stato, il quale punisce l’incesto non come atto immorale, ma come causa di collettivo e pubblico turbamento e quindi al fine di punire il c.d. pubblico scandalo.
L’elemento oggettivo del reato, ossia la condotta tipica consiste proprio nel fatto di commettere l’incesto. Mentre l’elemento soggettivo del reato consiste nel dolo generico, ossia nella coscienza del rapporto di parentela con l’altra persona e nella volontà di avere comunque rapporti sessuali con la stessa.
L’incesto è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni e sono consentiti sia l’arresto facoltativo in flagranza che le misure cautelari personali.
L’autorità competente è il tribunale collegiale e la procedibilità è d’ufficio; cioè non è necessario che qualcuno denunci i fatti, in quanto se l’autorità ne ha notizia, può direttamente iscrivere la notizia di reato e, conseguentemente, procedere.
Il secondo comma dell’art. 564 c.p. punisce con la reclusione da due a otto anni chi intrattiene una relazione incestuosa ed in questo caso è previsto il fermo di indiziato di delitto.
Il terzo comma dall’art. 564 c.p. prevede una circostanza aggravante per i commi precedenti e dispone che la pena è aumentata nel caso in cui le condotte illecite siuano commesse da un maggiorenne con un minore degli anni diciotto.
Infine il quarto comma dell’art. 564 c.p. prevede una pena accessoria, ossia se il condannato per i fatti di cui sopra è un genitore, lo stesso perderà la responsabilità genitoriale.
Carmela Mazza
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