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No alla Violenza - La vendita di cose altrui
Un’ipotesi particolare di truffa contrattuale è “la vendita di cose altrui” con effetti obbligatori, ossia l’ipotesi del falso venditore che ha carpito la buona fede dell’acquirente ponendo in essere un contratto fraudolento.
Dalla vendita obbligatoria discende l’obbligo per il venditore di far acquistare il bene al compratore e, pertanto, dobbiamo distinguere l’ipotesi in cui l’acquirente era a conoscenza che la cosa acquistata apparteneva ad altri, dall’ipotesi in cui lo stesso non lo era.
La vendita obbligatoria è validamente perfezionata se nel contratto le parti hanno espressamente dichiarato che l’oggetto venduto appartiene ad un terzo o se l’acquirente, quando ha prestato il consenso all’acquisto, era a conoscenza di tale circostanza.
In tal caso, secondo un primo orientamento, se il venditore non fa conseguire la proprietà al compratore, potrebbe trovare applicazione l’istituto della promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.), con la conseguenza che il venditore sarebbe esposto a responsabilità a prescindere da sua colpa; secondo un altro orientamento, invece, l’obbligo risarcitorio sarebbe, in ogni caso, subordinato alla possibilità di ravvisare una colpa del venditore.
Se, al contrario, il compratore ignorava che il bene fosse di altri, trova applicazione l’art. 1479 c.c. rubricato “buona fede del compratore” e secondo il quale, in tal caso, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, a meno che il venditore non gli abbia fatto acquisire la proprietà della cosa, la restituzione del prezzo pagato ed il rimborso delle spese sostenute per il contratto, salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno patito.
La disciplina relativa alla vendita di cosa altrui si applica anche al contratto preliminare di vendita di cosa altrui. Tuttavia non è possibile ottenerne l’immediata risoluzione in quanto l’altruità del bene non esclude, entro la scadenza del termine fissato per la stipula del definitivo, l’adempimento da parte del promittente venditore.
In caso di vendita di cosa parzialmente di altri (art. 1480 c.c.) il compratore, che non conosceva tale circostanza, può chiedere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno se non avrebbe acquistato il bene senza la parte di cui non è divenuto proprietario. In caso contrario può chiedere solo una riduzione del prezzo ed il risarcimento del danno.
Alla luce di tutto ciò, se il venditore cede ad altri, come propria, una cosa non sua e ne ricava un profitto ingiusto carpendo la buona fede dell’acquirente, pone in essere un contratto fraudolento, rientrante nella truffa contrattuale che, come abbiamo visto in precedenza, si realizza quando, mediante artifici e raggiri posti in essere nel momento in cui si forma il negozio giuridico, l’agente trae in inganno il soggetto passivo inducendolo a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe dato.
Avv.ta Carmela Mazza
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