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La tratta di esseri umani - La Direttiva Europea n.36 del 2011
La tratta di esseri umani è una forma di schiavitù che incide notevolmente sulla sicurezza e sulla dignità di una persona e trova, spesso, terreno fertile nei conflitti armati o in altri contesti non sicuri.
Si tratta di una nuova schiavitù riguardante esseri umani – soprattutto donne e bambini – provenienti dai paesi poveri del mondo che, spinti nel nostro Paese dalla speranza di una diversa prospettiva di vita, sono costretti alla prostituzione, al lavoro forzato e all'accattonaggio.
In tema di tratta di esseri umani, la Direttiva 2011/36/UE, recepita dall’Italia nel 2014, con l’aggiunta del comma 5 all’art. 398 c.p.p., chiarisce ciò che era già emerso con la Decisione quadro 2001/220/GAI.
In particolare, la Direttiva mira ad evitare i processi di vittimizzazione secondaria riducendo, di fatto, il rischio di trauma nella vittima che si troverà a dover ripercorrere il suo vissuto.
Il suo art. 11, a tal proposito, prevede l’obbligo per gli Stati membri di prevedere, sin dalla fase della identificazione, degli standard di vita idonei a garantire la sussistenza delle vittime, alloggio, cure mediche, assistenza materiale e psicologica, a prescindere dalla collaborazione della vittima nelle indagini penali.
Inoltre, al suo art. 2 viene ulteriormente specificato il concetto di “vulnerabilità” già delineato dalla Deciosne quadro del 2001, ma non chiaramente definito, chiarendo che “per posizione di vulnerabilità si intende una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima”.
Altro obbligo per gli Stati membri scaturisce dall’art. 12 della Direttiva. Dal momento che le vittime di tratta sono esposte facilmente al rischio di subire pregiudizi psicologici, sia dal contatto con l’autorità giudiziaria tutta, sia dal confronto con l’imputato, è prescritto agli stessi che “devono assicurare un’adeguata protezione alle vittime sulla base di una valutazione individuale dei rischi”.
Inoltre, l’art. 15 prevede tutta una serie di prescrizioni riguardanti la protezione dei minori, per cui gli Stati membri “devono adottare tutte le misure necessarie affinchè tutte le audizioni del minore vittima del reato, ovvero del minore testimone dei fatti, possano essere videoregistrate, e le videoregistrazioni possano essere utilizzate come prova nel procedimento penale, conformemente alle disposizioni di diritto interno”.
La Direttiva europea, pertanto, sulla base della Decisione quadro del 2001, cristallizza e specifica quali sono i servizi indispensabili, c.d. service rights, a favore delle vittime, che gli Stati membri devono garantire come tutela obbligatoria. In particolare, tali servizi devono essere specifici, qualificati e gratuiti e devono supportare la vittima o i suoi familiari dall’inizio del procedimento finale fino ad un congruo lasso di tempo dopo. Ed occorre, inoltre, che tali servizi, siano indispensabilmente costituiti da personale adeguatamente formato e specializzato, come il personale dei centri antiviolenza, e che operino in sinergia con le autorità che, sin dal primo contatto e pur in assenza di denuncia, dovranno indirizzare la vittima verso di loro.
Carmela Mazza
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