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No alla Violenza - Gli strumenti di protezione della vittima di violenza di genere
Come abbiamo già visto nelle scorse settimane, con la ratifica della Convenzione di Istanbul, il Parlamento italiano ha adottato una serie di misure volte a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo i tre obiettivi fondamentali della Convenzione, c.d. 3 P: 1) prevenire i reati; 2) punire i colpevoli; 3) proteggere le vittime.
In particolare con la Legge n. 69 del 19.07.2019, c.d. Codice Rosso, è stato previsto che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato di violenza domestica e di genere, riferisca immediatamente, anche in forma orale, al Pubblico Ministero, facendone seguire comunicazione scritta.
Il Pubblico Ministero entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, assume informazioni sulla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato.
Questo breve termine di 3 giorni può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
Una importante novità, prevista dalla riforma, è quella a carico del giudice penale, il quale, se sono in corso procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative all’affidamento dei figli minori o sulla responsabilità genitoriale, ha l’obbligo di trasmettere senza ritardo al giudice civile i provvedimenti adottati nei confronti di una delle parti, relativi ai procedimenti di violenza domestica o di genere.
Fondamentale, oltre alle misure di protezione fisica della vittima, sarà poi evitare la reiterazione della condotta da parte del reo, eliminando il rischio di esposizione alla violenza da parte della vittima di condotte violente in ambito familiare.
Da qui il collocamento delle donne, sole o accompagnate da minori, presso strutture autorizzate (centri antiviolenza e case rifugio ad indirizzo segreto).
I Centri Antiviolenza, c.d. CAV, rispondono a determinati requisiti che la legge impone e si avvale esclusivamente di personale femminile adeguatamente formato.
I CAV garantiscono, alle donne che vi si rivolgono, servizi minimi a titolo gratuito quali l’ascolto, l’accoglienza, l’assistenza psicologica, l’assistenza legale, il supporto ai minori vittime di violenza assistita, l’orientamento al lavoro attraverso informazioni e contatti con i servizi sociali e di centri per l’impiego, nonché l’orientamento all’autonomia abitativa, ecc.
Le case rifugio ad indirizzo segreto, invece, forniscono, a titolo gratuito ed indipendentemente dal luogo di residenza, alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza, siano esse sole o accompagnate da minori, con l’obiettivo di proteggerle e di salvaguardarne l’incolumità fisica e psichica.
Anche le case rifugio devono rispondere a dei requisiti imposti dalla legge e devono garantire l’anonimato e la riservatezza; alloggio e beni primari per la vita quotidiana alle donne ed ai loro figli/e e devono raccordarsi con i CAV e gli altri servizi presenti sul territorio al fine di garantire supporto psicologico, legale e sociale per le donne rifugiate e per i loro figli/e.
Carmela Mazza
Foto: www.cislromagna.it
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