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- Categoria: No alla Violenza
No alla Violenza - I programmi di trattamento per gli uomini maltrattanti
Nel trattare il tema della violenza di genere, al fine di contrastare efficacemente il fenomeno, non può non parlarsi degli interventi rivolti agli autori della violenza.
Le fonti internazionali, al fine di interrompere il ciclo della violenza, hanno promosso programmi di intervento e di reinserimento dei soggetti maltrattanti sollecitando le nostre istituzioni a farsi carico del fenomeno della violenza sulle donne nel suo complesso intervenendo anche sugli autori del fenomeno con programmi di intervento di carattere preventivo e di trattamento, perché adottino comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali.
In Italia, con l’adozione del decreto legge n.93 del 14 agosto 2013, convertito dalla legge n.119 del 15 ottobre 2013, il legislatore ha stabilito la necessità e l’urgenza di promuovere azioni per il recupero degli autori di violenza.
È stato riconosciuto infatti che l’assunzione di responsabilità da parte del maltrattante può aiutare nella cessazione della spirale, così come l’approccio terapeutico con gli uomini risulta essere utile in tutti quei casi in cui la donna vuole uscire da una situazione di sopraffazione, ma non vuole separarsi dal suo partner.
Ovviamente è necessario che gli interventi siano appropriati e volti all’interruzione della violenza e alla maturazione della consapevolezza delle proprie responsabilità, accompagnando l’autore in un percorso idoneo a ad aiutarlo ad imparare a condurre le relazioni con le donne in condizioni di non violenza , di parità e di rispetto reciproco: nascono così i c.d. CAM (Centro Ascolto Maltrattanti).
Tuttavia, ciò non basta, è necessario, al fine di predisporre risposte integrate e coordinate, prevedere dei piani di intervento diretti a contrastare la violenza di genere che favoriscano il collegamento tra i soggetti competenti per il recupero dei maltrattanti e le reti territoriali per il sostegno delle vittime attraverso anche procedure condivise.
Infatti scopo principale di un tale intervento è quello di promuovere l’interruzione della violenza, nonché la sicurezza della donna e dei figli e, nello stesso tempo, un cambiamento culturale e la diffusione di modelli di comportamento nelle relazioni tra uomini e donne fondati sul rispetto dei diritti fondamentali e sulla libertà di autodeterminazione.
Con la legge n. 67 del 2014 è stato, inoltre, introdotto l’art. 168 bis c.p. che prevede la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
Ciò comporta che l’imputato che ne fa richiesta può essere affidato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma tratta mentale che contiene prescrizioni comportamentali volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.
Ovviamente il presupposto per accedere a tale percorso è che il reo abbia riconosciuto la gravità dei fatti commessi, in quanto gli interventi devono essere diretti ad una netta assunzione di responsabilità della violenza ed al riconoscimento del suo disvalore, etico e morale, affrontando anche la questione dei ruoli e degli stereotipi di genere.
Va comunque precisato e ribadito che la realizzazione di programmi per gli autori violenti non può prescindere dalle iniziative e dalle azioni di contrasto alla violenza di genere, muovendosi in parallelo con i servizi di sostegno alle vittime e non essendo una alternativa isolata rispetto a questi ultimi.
Pertanto, accanto alle misure repressive, devono essere valutate differenti strategie quali programmi psico-educativi diretti a promuovere una cultura del rispetto delle libertà e dell’autodeterminazione femminile.
Di cruciale importanza è la formazione degli operatori che lavorano nei centri dedicati, che devono avere specifiche competenze sul tema della violenza contro le donne, in quanto ciò garantisce la qualità delle prestazioni erogate durante il trattamento nei confronti dell’aggressore nonché dell’adeguatezza degli interventi, che non devono mai tradursi in forme di vittimizzazione secondaria.
Carmela Mazza
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