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- Categoria: No alla Violenza
La violenza sessuale (prima parte)
Si definisce violenza sessuale qualsiasi attività sessuale con una persona che non voglia o sia impossibilitata a consentire all’atto sessuale a causa di alcool, droga o altre situazioni, e comprende diversi comportamenti quali lo stupro (anche se l’autore è il partner o il marito); qualsiasi contatto sessuale indesiderato; l’esposizione non gradita di un corpo nudo, l’esibizionismo e il voyeurismo; l’abuso sessuale di un minore; l’incesto; la molestia sessuale; atti sessuali su clienti o dipendenti perpetrati da terapeuti, medici, dentisti, capi, colleghi o altre figure professionali.
La violenza sessuale è, quindi, un atto di potere e non sempre vengono utilizzate la forza fisica o le minacce contro la vittima, perché la violenza può essere molto sottile (come nel caso in cui l’autore dell’atto utilizzi la propria età, fisicità o status sociale per spaventare o manipolare la vittima).
Il reato di violenza sessuale rientra tra i delitti contro la libertà sessuale ed è previsto e punito dall’art. 609 bis c.p.
Presupposto necessario di tale delitto è che l'atto sessuale sia associato al costringimento del soggetto passivo che può aversi tramite violenza fisica sulla persona o sulle cose, minaccia, intesa come violenza morale, e abuso di autorità, tanto di pubblica autorità (ad es. nei confronti di un soggetto detenuto), tanto di autorità privata (ad es. tra datore di lavoro e lavoratore).
Inoltre, viene punita la condotta di colui che induce un altro soggetto a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima al momento del fatto o traendola in inganno per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è il diritto della persona a gestire liberamente la propria sfera sessuale, nonché il corretto sviluppo psicologico e sessuale relativamente all’integrità fisica della vittima attraverso l’esclusione di forme di coinvolgimento nel compimento di atti sessuali.
Vi rientrano, dunque, diverse tipologie di atti, dal momento che il legislatore ha adottato una definizione onnicomprensiva, sostitutiva di quella vigente in precedenza, che era incentrata sulla distinzione tra congiunzione carnale (intesa come qualsiasi forma di compenetrazione corporale che consenta il coito o un equivalente abnorme di esso), ed atti di libidine violenti (intesi come ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione, che, per le modalità con cui si svolge, costituisca inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale).
L'attuale formulazione dell'articolo 609 bis è il frutto di molteplici modifiche che si sono succedute nel corso degli anni e che hanno reso la disciplina della violenza sessuale sempre più rigida.
Precedentemente, infatti, i delitti sessuali erano ricompresi nei delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume. È solo nel 1996, con la legge n. 66, che viene abrogato il reato di violenza carnale. Così come sono stati abrogati il ratto a fine di matrimonio, il ratto a fine di libidine, ratto di persona minore degli anni quattordici o inferma a fine di libidine o matrimonio e seduzione con promessa di matrimonio commessa da persona coniugata.
La modifica deriva dalla necessità di riconoscere il diritto alla sessualità come diritto della persona umana, ricadente nella disponibilità esclusiva del titolare e non già collegato ad una valutazione di tipo etico o morale.
L'ultima riforma, in ordine di tempo, è quella apportata dal c.d. codice rosso, di cui alla legge n. 69 del 2019, che non si è limitata a modificare l'articolo del codice penale che punisce la violenza sessuale, ma ha introdotto molteplici strumenti per assicurare maggiori tutele alle donne e ai minori vittime di violenza domestica e di genere.
Carmela Mazza
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