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No alla Violenza – La frode informatica (art. 640 ter c.p.)
La frode informatica, detta anche frode elettronica, consiste nel penetrare attraverso un computer all'interno di altri PC o server che gestiscono servizi con lo scopo di rubare dati o ottenere tali servizi gratuitamente, oppure, sempre utilizzando il server al quale si è avuto accesso, clonare account di inconsapevoli utilizzatori del servizio.
Si tratta di uno dei reati informatici che si realizzano con maggiore frequenza.
Basti pensare che nel periodo tra il 1 agosto 2019 e il 31 luglio 2022 si è registrato un aumento percentuale pari al 15%.
La frode informatica è punita dall’art. 640 ter del codice penale, il quale prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da € 51 a € 1.032 per colui che “alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinente, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”.
In tale fattispecie l’elemento informatico rappresenta il mezzo attraverso il quale si compie la condotta incriminata dalla norma.
Dal punto di vista oggettivo, l’elemento che costituisce l’evento del reato e che ne realizza la consumazione è il conseguimento di un ingiusto profitto.
La frode informatica, tra l’altro, è un reato a forma libera, in quanto non è prevista la modalità attraverso la quale deve avvenire l’intervento non autorizzato su un sistema informatico.
Tuttavia, deve consistere necessariamente in un’alterazione del funzionamento del sistema ovvero in un intervento non autorizzato su dati, programmi o informazioni.
Infine, l’elemento soggettivo richiesto è il dolo, che consiste nella consapevolezza e volontà dell’agente di porre in essere le condotte tipiche previste dalla fattispecie, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
La fattispecie in esame ha gli stessi elementi costitutivi e la stessa struttura della truffa (art. 640 c.p.), differenziandosene solo per il fatto che l’attività fraudolenta non investe una persona, ma il suo sistema informatico attraverso la sua manipolazione (ove per sistema informatico si intende la pluralità di apparecchiature volte a compiere qualsiasi funzione utile all’uomo, attraverso l’uso di tecnologie informatiche.
Analogamente alla truffa anche la procedibilità è a querela, ad eccezione delle circostanze aggravanti indicate nei commi 2, 3 e 4 dello stesso art. 640 ter c.p., per le quali è prevista la procedibilità d’ufficio.
Ciò che si vuol proteggere con la previsione di tale reato è la regolarità del funzionamento dei sistemi informatici, nonché la riservatezza dei dati, spesso sensibili, in essi contenuti.
Carmela Mazza
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