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- Categoria: No alla Violenza
La violenza sessuale (seconda parte)
Il delitto di violenza sessuale è a forma vincolata, poiché il fatto di reato consiste necessariamente nel compimento di atti sessuali in contrasto con la volontà del soggetto passivo. Se manca il dissenso non può rinvenirsi la configurabilità del reato. In particolare possiamo osservare due tipologie di condotte: la violenza sessuale per costrizione e la violenza sessuale per induzione.
In relazione alla violenza sessuale per costrizione va detto che la costrizione avviene per violenza, minaccia o abuso di autorità. In tal senso per violenza deve intendersi l’esercizio di forza fisica per contrastare la resistenza della vittima; per minaccia l’espresso avvertimento che in caso di opposizione alla violenza verrà arrecato un danno alla vittima o ad altre persone o cose; per abuso di autorità il coartare la volontà del soggetto utilizzando la propria posizione di superiorità o preminenza.
Invece, per quanto riguarda l’induzione, essa deriva dall’abuso di condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima o dall’inganno circa la propria identità. La condizione di inferiorità deve sussistere al momento dell'atto sessuale e si riferisce non solo alla condizione di minorazione o deficienza dovuta a patologie organiche o funzionali, ma anche alla situazione di carenze affettive e familiari. Per quanto riguarda, invece, la sostituzione di persona, il riferimento non è tanto alla sostituzione fisica quanto alla falsa attribuzione di generalità, status, qualifica e qualità personali (ad es. nel caso di soggetto che si finge medico). L’elemento soggettivo ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale è il dolo generico in quanto è del tutto indifferente la finalità che spinge il colpevole a porre in essere il comportamento illecito.
Ciò che è necessario accertare è la volontà di costringere il soggetto passivo all’atto sessuale attraverso violenza o minaccia o, nel caso di abuso di autorità, la coscienza di agire abusando della propria posizione. Più in generale è necessario accertare la coscienza di ledere la libertà sessuale della vittima.
Il reato di violenza sessuale è un reato di mera condotta e si consuma nel momento e nel luogo in cui è compiuto l’atto sessuale. Nel caso di più atti sessuali, questi devono considerarsi come atti comunque distinti ed uniti dal vincolo della continuazione, indipendentemente dal fatto che il contesto di azione sia unico. Inoltre è configurabile il tentativo. La pena prevista, in virtù delle modifiche apportate dal codice rosso, è della reclusione da sei a dodici anni, mentre prima di tali modifiche, la pena era quella della reclusione da cinque a dieci anni.
Va, inoltre, ricordato che la violenza sessuale è considerata un grave crimine dalla Corte Penale Internazionale e viene condannata ufficialmente dalle legislazioni nazionali dei Paesi aderenti all’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) ed è una violenza che viene usata anche durante i conflitti come mezzo per sottomettere ed umiliare la popolazione dei territori occupati ed è considerata un crimine di guerra (si ricordino le c.d. “marocchinate” o lo stupro “politico” subito da Franca Rame o, ancora, le violenze subite dalla popolazione bosniaca o le violenze nei lager libici subiti dalle e dai migranti).
Il reato di violenza sessuale è punito a querela di parte, il termine per proporla è di sei mesi ed una volta proposta è irrevocabile. In determinati casi, che sono espressamente previsti, si procede d’ufficio (art. 609-septies c.p.).
Carmela Mazza
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