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Nuove tecniche cardiologiche all’Umberto I di Enna: Parliamo dell’ablazione con Michele Di Silvestro
L'ablazione transcatetere è una pratica mininvasiva utilizzata nella cura delle aritmie. Parliamone meglio con il dott. Michele di Silvestro esperto di ablazioni all'Ospedale Umberto I di Enna.
- Le ablazioni, può spiegarci cosa sono e come funzionano?
"Per ablazione si intende un intervento mininvasivo, ovvero a basso impatto per il paziente, che ha lo scopo di eliminare il ripresentarsi di aritmie cardiache. Prevede una prima fase chiamata studio elettrofisiologico in cui si riproduce la tachicardia attraverso delle piccole stimolazioni condotte in sala operatoria. Una volta riprodotta, si esegue un mappaggio elettroanatomico dell’aritmia e, tramite un catetere chiamato ablatore, si produce una piccola scottatura nella sede del circuito portandola così ad interruzione."
- Quali rischi comporta? "Si tratta in genere di interventi a basso rischio e grazie a molteplici strumenti e precauzioni si impedisce il più possibile l’eventuale incidenza di complicanze. Solitamente la complicanza più frequente è l’ematoma in sede inguinale, sede di accesso venoso. Esistono anche delle complicanze più gravi, ma per fortuna molto rare."
- Perché si arriva all'ablazione e quali problemi risolve? "Si arriva all’ablazione perché le aritmie in genere possono presentarsi con svariati sintomi causando vertigini, capogiri, svenimenti fino a ripetuti episodi di scompenso quindi è giusto trattarle in tempo per evitare di dover ricorrere prematuramente a terapie farmacologiche gravate da molteplici effetti collaterali o peggio ancora a dispositivi di protezione cardiaca."
- Lei si occupa anche di altro...di cosa più precisamente? "Mi occupo, assieme agli altri miei colleghi, il dott. Bonanno e Dott. Lo Presti e il gruppo infermieri (Catanese, Minisini, Tamburella, Giangreco) di tutta la parte aritmologica e quindi di impianto e gestione di tutti i dispositivi impiantabili quali: loop recorder, pacemaker, defibrillatori, compresi i nuovissimi pacemaker senza fili delle dimensioni di una piccola capsula. Ci vantiamo inoltre di un moderno sistema che ci permette di controllare comodamente da casa, quindi in remoto, i nostri pazienti impiantati."
- Nonostante la sua giovane età ha una carriera di tutto rispetto, ci può dire come è finito a lavorare ad Enna e che cosa l'ha spinta a restare in questo territorio? "La mia formazione ha avuto inizio a Catania al vecchio ospedale Ferrarotto per poi trasferirmi a Milano al Centro Cardiologico Monzino dove ho completato la mia specializzazione. Dopo svariate proposte, ho accettato di investire su Enna, un posto che non conoscevo, ma che mi ha fatto sentire subito a casa. Il mio lavoro quotidiano col tempo ha acquisito molto valore; i pazienti che “oggi” vedo in sala operatoria, “domani” li rivedo salutarmi felici al supermercato o alla festa patronale, sento di aver fatto loro del bene e di aver migliorato la loro qualità di vita e questo credo sia la ricompensa più grande nel nostro lavoro. La Sicilia merita professionisti di alto livello per cercare anzitutto di arginare il fenomeno della migrazione sanitaria e ad Enna ad oggi si sta facendo un ottimo lavoro."
- Come considera il fatto che ad Enna ci sia una delle 4 università italiane con due facoltà di medicina? "Lo considero positivamente, le università danno forza propulsiva al nostro lavoro e al nostro territorio.
Gli studenti frequentano i nostri reparti, ci aiutano nella routine quotidiana, quelli più volenterosi collaborano in prima persona nella raccolta dei dati e stesura di articoli scientifici."
- Proprio ad Enna si sta lavorando per il policlinico, qual è la sua idea in merito? "Il Policlinico non può che essere la naturale conseguenza della presenza dell’università di Medicina. Il nostro reparto ha avviato la sua clinicizzazione con l’avvento del nuovo primario, il Prof. Barbanti, e con lui stiamo lavorando affinché tutto proceda al meglio."
Noemi Andolina
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