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Società e Costume – Che fine ha fatto l'Ex Ciss?
Mai nome è stato più fatale e azzeccato: EX indica che la condizione o funzione espressa dal sostantivo è ormai decaduta o cessata e, nel linguaggio corrente, indica spesso persona con cui si è troncato un rapporto amoroso, il mio Ex.
Infatti, a cosa si riferisce l’acronimo C.I.S.S. lo sanno in pochi e sono ancora meno quelli che se lo ricordano. Ma poco importa perché ormai ha perso di significato.
Quello che rimane vivo e presente nella nostra mente è quell’EX, che se letto tutto d’un fiato suona un po’ come “lex” soprattutto “dura lex”: la dura legge degli anni passati inutilmente e dei milioni di euro spesi. Abbiamo aggiunto inutilmente anche per gli euro? No, non l’abbiamo detto per decoro e perché c’è sempre una speranza.
La struttura fu realizzata, a partire dalla fine degli anni ’50, con diversi cantieri scuola (incredibile vero?). Direttore dei lavori l’ing. Peppino Rampello. Proprietario il Comune di Enna.
Lo scheletro di questo enorme dinosauro in blocchi di pietra “sabucina” e cemento armato, rimase a guardare il lago di Pergusa per decenni, con nulla da vandalizzare e nessun luogo da abitare abusivamente. Non c’erano porte o finestre o intonaci o tramezzi, una specie di Colosseo senza storia e senza futuro. O come la casa di Asterione, il labirinto del Minotauro, visto che siamo accanto al mitico catino di Plutone e Proserpina e il mostro è sempre in agguato.
Venne il giorno, e fu chiamato seconda repubblica, del primo sindaco di Enna eletto direttamente dal popolo, con gli assessori scelti da lui come esperti dalla cosiddetta società civile, quasi a contrapporsi con la società che l’aveva preceduta e che soprattutto l’avrebbe seguita (incivile nel pensiero popolare).
Fu in quella stagione che qualcuno si ricordò di quello scheletro e volle sapere se era ancora in grado di sostenere una nuova destinazione. Alle prove che seguirono e al “sì” dei tecnici seguirono contatti con il prof. Veronesi, che avrebbe potuto e poi voluto realizzare lì un centro oncologico per il Mediterraneo. Ma la politica, quella vera e soprattutto quella delle Università siciliane, ebbe paura che colà venissero stornati fondi appetibili, e non se ne fece nulla.
Prima che la legislatura e il millennio finissero, un accordo tra Comune e Azienda Sanitaria Locale (non era ancora “provinciale”, forse presagendo la scomparsa delle sventurate Province) sancì allora un accordo con la ASL ennese per realizzare un grande centro di riabilitazione regionale.
Il Millennium Bug sancì la fine prematura di quella esperienza politica ma non quella del progetto, dell’idea, che divenne qualche anno dopo cessione in comodato gratuito all’ASL e perciò indirettamente alla Regione.
Ma probabilmente un “baco” si era effettivamente annidato tra quelle mura e ne ha determinato una lunga sofferenza che dura ormai da un ventennio.
Tra mille difficoltà l’edificio è bello e pronto, almeno nell’aspetto esteriore, da anni. Intanto cambiano le norme e la tecnica si evolve e c’è sempre qualcosa che manca. Che manca… a che cosa? Quello che forse manca è proprio il progetto politico.
La sensazione è che nessuno sappia cosa fare veramente con questa struttura, posta al centro della Sicilia e perciò suscettibile di un uso strategico per l’intera regione.
“Ne faremo un centro di riabilitazione”- dice qualcuno che conta - “ma solo per metà”.
“Lo completeremo al più presto” - dice qualcun altro, non meno importante – “abbiamo già i fondi”.
“Diventerà il Centro Covid per la Sicilia Centrale” – afferma il megadirigente spaziale – i lavori inizieranno a giorni”. Veramente il megadirigente parlava in inglese e diceva Covid Center, ma forse è la stessa cosa.
“I fondi li anticipiamo noi della Regione, visto che lo Stato tarda da due anni…” – dichiara il Delegato plenipotenziario regionale di turno.
Da due anni? La dichiarazione di cui sopra è esattamente di un anno fa… e fanno tre. Ma chi li conta più gli anni? Secondo noi sono di più, ma per comodità ricomincio da tre, come diceva il buon Troisi.
Tutto questo nel silenzio assordante, come si diceva un tempo, di chi deve decidere. Intanto del Disc Jockey, del DJ, del Direttore Generale, di chi detiene le chiavi del palazzo, inteso come immobile, edificio. Poi del proprietario della baracca, il Podestà, il Borgomastro, il Sindaco della Città, di colui che ne detiene in qualche modo il destino ancestrale.
Ma a volte non si tratta di inerzia, non si tratta di incompetenza, non si tratta di ignavia. La politica, e quella ennese e siciliana in questo caso, ha degli intrecci che spesso diventano indistricabili.
Io nomino te, tu nomini me, noi designiamo te o chi per te, e io mi ritrovo solo te al mio fianco. Tizio è figlio di Caio, Sempronio è affine di Filano, che è amico e anfitrione di Caio, e Mevio non può fare a meno di Tizio che è collegato a Calpurnio e dunque a Filano e dunque a Sempronio, etc.etc. (Wikipedia serve ad allungare le serie di nomi fin qui conosciuti, eh eh).
Non avete capito niente? Nemmeno noi! Ma forse qualcuno sì.
Quel che è certo è che fin quando non si scioglieranno i nodi elettorali a Palermo, qui a Enna e a Pergusa non si farà niente. E anche allora non è detto! Al diavolo Enna, l’ex CISS e pure l’amministrazione comunale, se è il caso, se loro destini non collimano con i nostri interessi!
Le Province in Sicilia non esistono più a livello amministrativo ma Enna rimane comunque una “provincia” nel senso imperiale del nome. No, in realtà è un protettorato.
Un nostro concittadino che sa di legge e ne dispensa di quando in quando le massime vi direbbe che in diritto un protettorato è uno Stato o un territorio controllato da uno Stato più forte, il quale si riserva di rappresentarne integralmente la personalità nell'ambito del diritto internazionale.
Ma almeno quelli sono Stati e territori, noi non siamo nemmeno una colonia.
Peppino Margiotta
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