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Società e Costume - Un Partigiano come Presidente
In questi giorni i media hanno ricordato la tragedia del Vermicino di 40 anni fa esatti e del piccolo Alfredino. Con l’occasione una trasmissione serale ha mandato in onda uno speciale sul presidente Pertini, che andò sul posto quasi come un uomo qualsiasi. La trasmissione era interessante e l’abbiamo seguita.
A una prima sottile critica a questo arrivo del Presidente della Repubblica, che a detta del conduttore avrebbe solo intralciato i soccorsi, sono seguite una serie di considerazioni, da parte di brillanti opinionisti, sulla figura del Presidente forse più amato dagli Italiani, fino alla definizione di populista.
Che sia stato un Presidente popolare, forse l’unico veramente amato dagli italiani, è fuor di dubbio. Ma qualcuno forse non capisce bene la differenza tra “popolare” e “populista”.
Proprio in quegli anni, ebbe un successo straordinario una canzone di Toto Cutugno sull’italiano medio (vero) che citava tra l’altro il fatto che avessimo un partigiano come presidente. E in quel fantastico 1982 del Mondiale, Pertini era forse più popolare dello stesso Berzot! Se questo non è essere popolare…
Ma l’accusa televisiva di antesignano del populismo parte dalle dichiarazioni rilasciate dal Presidente nei giorni seguenti al terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980. Pertini si recò sui luoghi del sisma, raggiunti troppo tardi dai soccorsi, e in un messaggio alla nazione attaccò duramente la macchina degli aiuti, inadeguata a fronteggiare la calamità. Chi era in zona come noi in quei giorni, a fare il militare, sa quanto tutto questo sia stato vero. Forse da quella evidenza e dalla sferzata di “nonno Sandro” partì il concetto di protezione civile che conosciamo oggi.
Nella stessa occasione, riferendosi al terremoto del Belice del 1968, nel discorso a reti unificate parlò con durezza di quanto era accaduto anni prima in Sicilia, sulla lentissima ricostruzione e sui milioni spesi inutilmente dalla nazione. È rimasta nell’immaginario di tutti (anche senza il simpatico monologo di Troisi) la frase durissima del Capo dello Stato: "Chi ha rubato il soldi del Belice?”.
Da lì un noto giornalista ha fatto partire l’altra sera l’accusa di populismo. Come se dire in faccia la verità agli italiani facesse venir meno il rispetto nelle istituzioni e non esattamente il contrario!
Con una mal celata ironia veniva poi ricordata l’abitudine del Presidente di parlare della classe operaia anche negli incontri internazionali, quasi che l’essere socialista nella maniera in cui lo era stato e lo era Pertini fosse una forma quasi provinciale di fare politica.
Il servizio è finito con un’intervista ad Eugenio Scalfari, secondo cui il Presidente Pertini gli avrebbe chiesto di proporre la sua seconda candidatura alla Presidenza della Repubblica. A quasi novant’anni (ne aveva 89 quando finì il suo mandato) il suo desiderio apparve a Scalfari almeno curioso, quasi un indizio dell’età: nessuno allora era mai stato rieletto al Quirinale. La risposta di Pertini, per chi vuole intenderlo, credo che chiarisca più di ogni commento il vero spirito del grande Presidente: “ma chi potranno ma eleggere dopo di me?”.
Per la cronaca i presidenti seguenti sono stati Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano. Lasciamo in pace il buon Mattarella e ricordiamo alcuni dei suoi predecessori: Saragat, Leone, Segni, Gronchi…
Meglio un partigiano presidente!
Peppino Margiotta
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