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Società e Costume - W L’ITALIA (Mancini e la perfida Albione)
Siamo tutti felici per aver conquistato l’Europa, 53 anni dopo quel fatidico 1968, con capitan Facchetti ad alzare per l’ultima volta la coppa. Molti di voi non erano ancora nati e non lo sarebbero stati per molto tempo ancora. Qualcun altro era giovane assai e per il mondo era tempo di rivoluzioni e di sogni, poi smarriti nel tempo.
In quel clima, in cui la Francia la faceva da padrona, con un premio Nobel come Jean Paul Sartre che veniva arrestato per “disobbedienza civile”, l’Inghilterra era invece l’incrocio perfetto tra rivolta e tradizione. Beatles e Rolling Stones da un lato, le cabine telefoniche rosse e gli autobus a due piani dall’altro. Già allora e per molto tempo l’Inghilterra è stato sinonimo di stile, di educazione, di sobria ironia, di eleganza nei comportamenti quotidiani.
Ancora nelle settimane scorse, nel clima già entusiasta di un calcio europeo in cui ci facevamo largo con onore, alcuni nostalgici della Brexit, della differenza tra “loro” e tutti gli altri, postavano anche in Italia vecchie foto di formazioni della nazionale inglese e italiana che scendono, l’una tutta ordinata, con i soldatini tutti uguali e compiti, a fronte dei nostri disordinati e variopinti.
Nel calcio poi, il mondo intero ci ricorda sempre come eravamo nel ’68, e come siamo stati per anni: quelli del “catenaccio”, come lo definì Brera.
Ebbene, tutti questi stereotipi sono crollati in una serata memorabile a Wembley, preparata piano piano da Mancini mettendo assieme quattro ragazzi e pochi senatori.
Memorabile non è un’espressione sproporzionata. Nella serata di domenica 11 luglio 2021 sono stati spazzati via in un colpo la visione inappuntabile dell’Inghilterra elisabettiana (ché dire Vittoriana dopo quasi settant’anni di regno è un’offesa) da una parte e l’italietta che al massimo strappa la vittoria dopo una partita tutta in difesa.
Noi siamo stati grandi, loro sono stati degni rivali ma, come uomini e, temo, anche come popolo, si sono rivelati uominicchi o poco meno. Potevano salvare l’onore, dopo la sconfitta, ma hanno perso pure quello.
Non staremo a ricordarvi le scene imbarazzanti dentro e fuori lo stadio, durante e dopo la premiazione, la storia della medaglia rifiutata, delle violenze gratuite, delle aggressioni verbali di natura razziale su chi ha sbagliato i rigori, e via discorrendo.
I tifosi saranno solo hooligans, ma i giocatori e tutto il resto no.
Una caduta di stile? No, è la caduta di un mito, almeno in chi ci credeva.
Noi invece siamo da sempre italiani, ma per una volta senza ironia e senza sfottò. Grandi.
Peppino Margiotta
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