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- Categoria: Archeologia e Culture Antiche
Archeologia e Culture Antiche - La misteriosa fine di Ipparino, tiranno siracusano
Certi racconti dell’antichità a volte nascondevano dietro l’apparenza di innocenti storie d’amore il riferimento a fatti storici più seri. È il caso delle “sofferenze amorose” del tiranno Ipparino di Siracusa. Leggende di questo genere hanno poi dato origine a racconti che si sono tramandati nel tempo diventando anche fonte di ispirazione per autori successivi. Non meravigli la narrazione di un amore omosessuale, un topos ricorrente nella letteratura greca che considerava questo sentimento al pari degli altri.
Partenio di Nicea (I sec. a.C.) è autore degli Erotikà Pathèmata, in italiano traducibile come “sofferenze amorose,” trentasei brevi e brevissimi racconti di carattere mitologico, scritti in greco, su relazioni d’amore conclusesi tragicamente.
L’autore ha dedicato la sua erudita fatica all’amico e poeta latino Cornelio Gallo, al quale l’ha indirizzata come una sorta di prontuario letterario da cui ricavare argomenti per scrivere nuove composizioni poetiche. È interessante notare che tra i numerosi personaggi di invenzione, troviamo anche personaggi realmente esistiti, probabilmete ripresi da opere storiche perdute che, anziché a una trattazione oggettiva dei fatti, indulgevano a una fantasiosa coloritura sentimentale.
È il caso del racconto n. 24, dedicato ad Ipparino, tiranno di Siracusa nel 353-351 a.C. L’amore infelice di Ipparino, assente in altre fonti antiche, si inquadra nella tipica consuetudine aristocratica greca di sedurre un ragazzo di famiglia nobile per curarne la formazione etica e militare. Narra Partenio che Ipparino si innamorò di un giovanotto molto bello, di nome Acheo, che divenne suo convivente nella sontuosa reggia siracusana. Dovendo partire per una delle tante battaglie, il tiranno raccomandò al ragazzo di impiegare la spada – che egli stesso gli aveva regalato – per difendersi da eventuali malintenzionati. Al termine degli scontri, Ipparino festeggiò la vittoria con abbondante vino, dopodiché nottetempo tornò ubriaco a palazzo in cerca dell’amato Acheo. Entrando nella camera buia, forse per scherzare o per mettere alla prova i sentimenti del ragazzo, favorito dall’oscurità, non rivelò la propria identità, ma si presentò come colui che in guerra aveva ucciso Ipparino. Allora Acheo, sconvolto, lo assassinò con la spada. Il tiranno ormai in fin di vita sopravvisse solo tre gioni, il tempo di discolpare l’amato da ogni accusa.
La vicenda è caratterizzata da spiccati tratti romanzeschi e ignoriamo da quale fonte Partenio l’abbia ricavata. Mancano riscontri presso gli storici greci pervenuti. Lo storico greco Diodoro Siculo, che accenna a Ipparino nel 14° volume della sua Biblioteca, non riferisce le circostanze della morte. Ateneo di Naucrati, nel 10° volume dei suoi Sofisti a Banchetto ci offre una testimonianza sorprendentemente vicina al resoconto di Partenio: si dice che Ipparino, figlio di Dionisio, fu sgozzato sotto ubriachezza mentre era tiranno. Dunque Ateneo conferma la morte violenta con una lama e la condizione di ebbro di cui approfittò l’assassino. Trattandosi della morte di un tiranno, possiamo immaginare che il vero movente dell’omicidio sia stato politico. Si potrebbe persino sospettare di Niseo, il fratello che gli succedette al potere per soli quattro anni, poi mandato in esilio dal fratello Dionisio II, tornato in possesso del trono. Non era comunque la prima volta che un sentimento di tipo omoerotico poteva prestare il pugnale alla mano assassina di un tirannicida. A tale proposito possiamo citare l’uccisione di un tiranno di Eraclea, come si racconta nel settimo episodio leggendario contenuto negli Erothikà Pathèmata, ma soprattutto l’assassinio di Ipparco, avvenuto ad Atene nel 514 a.C., un evento storico che potrebbe essere stato il modello di successivi resoconti fantasiosi sulla morte di violenta di alcuni regnanti.
Ben poco sappiamo della figura storica di Ipparino. Era figlio del grande tiranno Dionisio I e fratello del successore Dionisio II. Egli governò in un periodo convulso della storia siracusana, durante il quale quattro tiranni si sucedettero nel decennio (357-347 a.C.) compreso tra la cacciata e il successivo ritorno di Dionisio II. Non possiamo escludere che un amante sia stato coinvolto più o meno consapevolmente nell’eliminazione del focoso tiranno, ma è probabile che Partenio abbia prescelto, tra le fonti disponibili, la versione dei fatti più fantasiosa e sentimentale, tale da accendere l’ispirazione degli artisti e la curiosità dei lettori. A noi moderni rimane un bel racconto di prosa greca e il più fitto mistero sulla tragica fine di un tiranno siracusano.
Per chi volesse approfondire l’argomento, si rimanda all’edizione degli “Amori Infelici” tradotta e commentata da Gianni Schilardi, da cui sono tratte le informazioni qui riportate.
Livio Aquila
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