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No alla Violenza - La difesa gratuita per le vittime di violenza
La legge sul femminicidio (L. n. 119/2013) ha modificato il comma 4 ter dell’art. 76 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia in relazione all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
In particolare, è stato riconosciuto alle donne vittime di violenza il diritto a fruire del patrocinio a spese dello Stato per il solo fatto di rivestire detta qualifica, a prescindere dalle proprie condizioni di reddito che, quindi, non devono nemmeno essere oggetto di dichiarazione o attestazione.
L’accesso al gratuito patrocinio è garantito in ogni grado e fase del processo.
In particolare rientrano tra i reati sempre coperti dal gratuito patrocinio i maltrattamenti in famiglia o da parte del convivente (art. 572 c.p.), la mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.), la violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), gli atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.), lo stalking (art. 612 bis c.p.).
Inoltre, se minorenni, possono sempre accedere al gratuito patrocinio, le vittime dei reati di riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art 600 bis c.p.), pornografia minorile (art. 600 ter c.p.), tratta di persone e acquisto di schiavi (artt. 601 e 602 c.p.), atti sessuali in presenza di minori (art. 609 quinquies c.p.).
La finalità del comma 4 ter dell’art. 76 d.P.R. 115/2002 è quella di assicurare, come affermato anche dalla Corte di Cassazione, alle vittime di tale tipologia di reato un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale (Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2018, n. 52822).
Ne consegue che, nel momento in cui l’istante assume la veste di persona offesa da uno dei reati indicati dalla norma, l'ammissione al beneficio diventa automatica senza che vi sia alcun margine di valutazione in capo al giudice in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali del soggetto richiedente.
Ciò, ovviamente, è giustificato dalla vulnerabilità delle vittime dei reati in materia sessuale, oltre che dall’esigenza di garantire al massimo l’emersione di tali reati.
“La ratio di questa disciplina - ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2021 - è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale: offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità”.
Peraltro, l’interpretazione data dalla Corte Costituzionale della norma in esame, trova basi solide anche nell’art. 57 della Convenzione di Istanbul secondo il quale “le Parti garantiscono che le vittime abbiano diritto all’assistenza legale e al gratuito patrocinio alle condizioni previste dal diritto interno”.
Nella stessa logica dell’obbligatorietà dell’ammissione al patrocinio gratuito si è espresso anche il Rapporto sull’attuazione in Italia della Convenzione di Istanbul, da parte del GREVIO (Gruppo di Esperte sulla Violenza contro le donne), che segnalava come un dato di avanzamento del nostro Paese il fatto che “a seguito dell’entrata in vigore della legge numero 119/2013 tutte le vittime di maltrattamenti, di atti persecutori, di violenza sessuali e di mutilazioni genitali femminili sono ammesse al beneficio del gratuito patrocinio a prescindere dalla loro condizione di reddito”.
Carmela Mazza
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