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Un bambino - i tempi antichi
Ricordi dei tempi antichi ogni tanto affiorano nella mente e procurano sentimenti di semplicità, purezza, piacere di vivere e gioia. Nel vicinato ogni famiglia era formata minimo da 7/8 persone compresi i genitori, c’erano anche famiglie più numerose, nel quartiere dove abitavo io il record era di una famiglia con 14 figli, casa a 2 piani 3 stanze più cucina e bagno, fra loro 5/6 erano ciclisti quindi entravano anche le biciclette.
Non si giocava da seduti ma si correva e ci si rincorreva e non mancavano i bambini con i bozzoli in testa o la testa rotta, le ginocchia sempre sbucciate, non c’era neanche il tempo di guarire che se ne procuravano altri nuovi.
Mentre si giocava, dal naso spesso fuoriusciva il moccolo che si leccava e si ingoiava, spesso si puliva con la manica della camicia o del golfino dove si formava una spessa crosta.
Di tanto in tanto succedevano le liti fra le donne del quartiere che gridavano a squarciagola pronunciando parolacce irripetibili e si tiravano i capelli, noi ragazzini avevamo un po' paura ma ci divertivamo.
La sera, stanchissimi si andava a letto dopo essersi lavati per bene, c’erano bambini che non si lavavano e si notava sul collo e dietro le orecchie una patina marrone che si poteva grattare con la paletta dell’imbianchino, qualcuno aveva anche i pidocchi, molte mamme usavano lo sciampo anti pidocchi e spesso ci facevano tagliare i capelli a zero. Altri ospiti sgraditi erano le pulci dei letti.
Quando uscivamo incontravamo vecchietti con la scappuccia nera che facevano impressione, tossivano e sputavano delle patacche enormi di muco giallognolo, donne anziane con lo scialle nero in testa e la chiave di 20 cm nella tasca interna della gonna.
Nei matrimoni si poteva distinguere il mestiere di ognuno dei presenti: i contadini: fronte bianca e viso nero bruciato dal sole, i muratori: testa bianca e viso abbronzato, tutti con vestito della festa e cravatta che si conservata con il nodo già fatto, gli impiegati avevano il viso pallido, le donne fresche di permanente truccate alla meglio. Per i ragazzi era una grande festa perché si mangiava la pasta con il ragù e sopra il formaggio, il secondo e il dolce. In alcuni matrimoni la festa si svolgeva mattino, mezzogiorno e sera, per gli sposi era una giornata di duro lavoro.
Nei quartieri passava l’arrotino che strillava: mola forbici e coltelli, quello che in cambio dei capelli ti dava la spagnoletta o la cerniera, quello che vendeva i carciofi piccoli (capuzzuli), i fichidindia, ambedue avevano un cm di callo sulle mani, il lattaio passava con la capra e mungeva la quantità richiesta, io, quando mangiavo il latte macchiato da frumento abbrustolito e macinato, minuzzavo il pane e lo spremevo per farlo durare di più.
Passava quello che aggiustava gli ombrelli, quello che riparava le insalatiere facendo dei buchi in un pezzo e nell’altro e li cuciva. Molti tenevano, davanti alla porta una piccola gabbia con le galline, ogni tanto rubavamo un uovo e facendo un buchino ce lo succhiavamo crudo, quasi tutti facevano il pane in casa che durava tutta la settimana, ma il sogno di ogni bambino era quello di mangiare il pane bianco, infatti, quando passava il panettiere con l’ape e dimenticava lo sportello aperto si rubava un panino o una mafalda e si divideva fra tutti i partecipanti, era buonissimo.
Personalmente conservo bei ricordi dei tempi antichi anche se c’era un solo paio di scarpe che si sostituivano solo quando si bucava la soletta, il vestiario era quasi sempre di seconda mano, passato dai più grandi, la pasta e sugo e la carne, per chi poteva, era solo la domenica, l’eccezione era il pane con dentro una fetta di mortadella e il dolce la domenica: un pacco di wafer da dividere per tutta la famiglia.
Nessuno aveva grandi pretese, i ragazzi andavano a scuola e nel frattempo frequentavano bottega di barbiere, falegname, fabbro o altro, per imparare un mestiere, ma se un figlio garantiva impegno e capacità si faceva studiare e laureare a costo di grandi sacrifici.
Angelo Miano osservatore indipendente
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